Poesia del nostro tempo presenta l’Archivio virtuale de L’Italia a pezzi. Antologia dei poeti italiani in dialetto e in altre lingue minoritarie.

Vito Riviello è nato a Potenza nel 1933 ed è scomparso nel 2009 a Roma, città in cui ha a lungo operato animando la scena letteraria della capitale: ha attraversato, con la sua scrittura, alcune tra le più fervide stagioni del Novecento, dal Neorealismo alle avanguardie storiche. Suoi scritti sono tradotti in varie lingue di numerosi paesi, e tutta la sua opera è attualmente depositata, in attesa di essere catalogata, in un fondo bibliotecario dell’Università «La Sapienza» di Roma. Autore di prose, tra cui: Favole potentine (L’upupa, Firenze 1980); E arrivò il giorno della prassi (Empiria, Roma 1987); La luna nei portoni (Calice, Rionero in Vulture 1999). In poesia ha pubblicato i seguenti libri: Città fra paesi (Schwarz, Milano 1955); L’astuzia della realtà (Nuove Edizioni Vallecchi, Firenze 1975); Dagherrotipo (Scheiwiller, Milano 1978); Sindrome dei ritratti austeri (il Bagatto, Bergamo 1980); Tabarin (Rossi & Spera, Roma 1980); Assurdo e familiare (Empiria, Roma 1986); Premaman, poema in prosa (La Nuova Libreria, Potenza 1986); Apparizioni (Rossi & Spera, Roma 1989); Kukulatrìa (El Bagatt, Bergamo 1991); Monumentànee (Mancosu, Roma 1992); Il passaggio della televisione (Elytra, Reggio Emilia 1993); Assurdo e familiare (Manni, San Cesario 1997); Plurime scissioni (Pagine, Roma 2001); Acatì (Onyx, Roma 2003); Fumoir (Il Filo, Roma 2003); Livelli di coincidenza (Campanotto, Pasian di Preto 2006); Fotofonemi (Onyx, Roma 2008); Scala condominiale (LietoColle, Faloppio 2008). Suoi testi sono presenti in Via Terra. Antologia di poesia neodialettale (a cura di A. Serrao, Campanotto, Paisan di Prato 1992).

da Via terra, antologia di poesia neodialettale
Rigore

Gn’era Pstrigne ca giucava pesante
e Ntriscina ca s’incazzava:
vulìa semp’rigore
coma lu diavle vole farina;
e Pstrigne carcava la mana,
mò na spenta a cataspenta
e mò lu sgambett disgraziare,
quann l’arbitre perdette
all’urteme la pacienza
e decretò: “rigoro”.
Se fascese nnanz senza esse chiamate
Ntriscina cu la smorfia,
mettese la palla al punto
e terase scauze e de ponta
na saetta ca Pstrigne n’porta
nun verese niente.
Rigore.// C’era Pstrigne che giocava pesante / e Ntriscina s’arrabbiava: / voleva sempre rigore / come il diavolo vuole farina; / e Pstrigne calcava la mano, /ora una spinta a doppiaspinta / ora uno sgambetto maligno, / fino a quando l’arbitro perdette / la pazienza e decretò: “rigoro”. / Si fece avanti senza esser chiamato / Ntriscina con un ghigno, / mise la palla al punto / e tirò scalzo e di punta / una saetta che Pstrigne in porta / non vide niente.

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