“Verdemare – Cronologia inversa di un andare  è diario, visione, riscrittura del presente tra metafora e confessione; è un carteggio elettivo con persone, tempi, natura; è una lente che indaga fondi e bordi, distopie e sensazioni; che mappa tempeste, resistenze, «nasciture meraviglie» […]”. (Dalla presentazione)

Da Verdemare – Cronologia inversa di un andare (La Vita Felice, 2018)
dalla sezione Invernata toscana
A phone call
A un certo punto mi è venuta voglia
con questa pioggia che addestra al buonumore
come quel sogno che dentro ci stava lo specchio
con dentro me e lo specchio
e me che chiedeva allo specchio
Ma la poesia non è perfettamente inutile?
Con queste file sparite dal bordo degli incroci
una a una come la mole sguincia della Torre
storpiata dal grigio
mi è venuta voglia
scalando la marcia, pian piano
la curva
di chiamarla al telefono
per dirle quella cosa importantissima
che ora non ricordo, che ora la chiamo
ora la chiamo
quella cosa importantissima che è
sentirla rispondere
e sapere che sa.
*
dalla sezione Tornare all’acqua
Esiste un andare
Esiste un andare
che bruno scavalla
i doppi sensi
Cinque per mano, angoli
acuti di conoscenza e cecità, un
andare che si solleva tra i rombi
oscuri delle navi e la prima scia,
fitto di ritorni menzogneri, ferro
doppio come un senso,
un imprevisto o un abbandono.
È la nostalgia delle comete, della loro
ombra
che svezza maree e porti vuoti
e si incastra in gola, insieme ai posti, all’urlo,
ai sensi mai detti,
alle comete.
*
dalla sezione Battitti radiali
La cecità delle cose
La cecità composta delle piccole cose
piccole parvenze a forma di cosa
efelidi d’ombra accanite sul muro, cose
trattate insufficienti
madri declinanti col piatto
sempre apparecchiato
cose-corpo
sull’orlo delle lacrime
in bilico
fra intermezzi di cose
tarli d’indulgenza grattan cose
mucchi e granuli di pazienza, cose
in sospensione orale
per liberare le vie aeree
dalle cose, uno starnuto,
uno stantuffo di tosse,
altre piccole cieche cose.
*
dalla sezione Intraprese tenerezze
Acqua ai fiori
Bisogna mettere acqua ai fiori
nella casa della madre
non devono i fiori
sfiorire per le assenze
e inondare di ristagno
la casa della madre
non devono i fiori
sfiorire non visti.
Bisogna lisciare
la piega rosa di poca carne sulla mano
sulla guancia allentata
che odora di fiori
più tenue della casa
mi avvicino col naso
a quell’odore tutto steso
io bambina casa nuova: ho capito
dove finiscono i fiori:
nella pelle della madre.
Bisogna metter l’acqua
ai fiori della madre
e fare piano,
tra le foglie le pieghe e gli odori c’è
la pelle della madre.
*
Certi mattini a parte un chiodo d’ombra
certi mattini a parte un chiodo d’ombra
non trovo altro ad altezza cuore
che a volte si crede un gallo
e sale sopra al tetto per cantare
io mi stropiccio il vuoto e lo reclamo
un brontolio di gola, va da sé, senza dolore
egli sbuffando leva la generosa mole
e torna al suo posto con un paio di capriole

Alba Gnazi è nata nel 1974 e risiede nella provincia di Roma, dove esercita la professione di insegnante.  Nel 2015 è stata pubblicata la sua prima raccolta poetica Luccicanze (Cicorivolta editore); risale allo scorso gennaio l’uscita di Verdemare (Cronologia inversa di un andare), con le edizioni de La Vita Felice. Diversi suoi scritti sono presenti in antologie, siti, riviste anche a seguito di premi letterari. Cura, insieme alla poeta Patrizia Sardisco, il blog Un Posto di vacanza.

 

 

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