Poesie tratte dalla raccolta Vangelo elementare (Raffaelli Editore, 2015) di Gianluca Furnari con prefazione di Giuseppe Conte.

 

VI.

Persino noi siamo caduti
su banchine affollate, nella trappola
di un altro corpo umano – siamo stati
vivi persino noi – per distrazione
o troppo amore: vinte le scommesse,
facendo il voto delle labbra –
quasi
astretti viso a viso in una stella
noi lottavamo – ma era quello il giorno,
quella la terra vera dell’umano
per illuderci al mondo, trasmigrare.

 

 

***

 

 

XXIII.

Ci era fedele il passo tra le felci:
sul passo che portava alla tua fossa
giocavamo a campana (pregavamo):
così di pietra in pietra,
calpestando il torrente fino al salto –
saltavamo con lui.

Luce deposta, amore,
canto che intimoriva il nostro canto,
casella accesa al termine del gioco –
ma eri tu, seppellito in altitudine.

 

 

***

 

 

XXVIII.

L’opera della luce sugli stagni
erano segni, rime elementari:
così al nostro comando si accendevano
quando vi passavamo a torso nudo;
era il linguaggio mai perfezionato
che la notte tentava con sé stessa –
come mani quei segni ci assalivano,
esperte, a tratti quasi creaturali,
a tratti un corpo solo si tendeva
tra i nostri corpi tesi.

Poi di quel moto perdevamo il senso
nell’acqua alta – tornavamo a riva.
Ma era pioggia dirotta ormai da giorni.
Non avevamo tempo per capire.

 

 

***

 

 

XXXVI.

Sarà nostra, alla fine, la parola
che chiuderà le porte ad ogni evento;
la parola trascelta nel silenzio
del mondo senza fiato, senza storia;
ma la parola che racconti tutto,
che semplifichi tutto;
ma la parola sotto cui riposi
l’umanità sedata.

(Ci sembra già di averla tra le mani
la parola non soprannaturale,
molto simile al vento, ma più simile
a sé stessa, in sé stessa confidente,
che non dirà nient’altro che sé stessa
e così dirà il mondo;
la parola non nuova, ma non epica,
non alta, ma non logora.)

Sarà nostra, alla fine, la parola
che schiuderà le porte ad ogni evento.

 

 

***

 

 

XVII.

Ti piangevamo, padre, nella stanza
dove già ti avevamo pianto vivo
nelle ore del tormento
(benché docile, allora, e senza fede,
per noi trovassi termini d’amore);
ti piangevamo nella stessa stanza,
se mai nel buio ci si aprisse un varco
da pianto a pianto, se ci desse il pianto
di tornare a quel te docile e stanco,
a quel te senza fede –
allora, in sogno,
forse creavi il dio che ti ha graziato.

 

 

 

 

Gianluca Fùrnari è nato nel 1993 a Catania e vive a Santa Maria di Licodia. Laureato in Lettere con una tesi sulle Rime d’amore di Torquato Tasso, studia Filologia Classica all’Università di Catania. La sua raccolta d’esordio, Vangelo elementare (Raffaelli, 2015), è risultata finalista al Premio Rimini 2015 ed è in corso di pubblicazione per i tipi di Walter Raffaelli. Suoi testi sono apparsi sull’antologia Post ‘900, lirici e narrativi (Ladolfi, 2015) a cura di M. Fantuzzi e I. Leardini. È membro e collaboratore attivo del Centro di Poesia Contemporanea di Catania.

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