da Storie de Fausta (Vita Activa Editoria 2017)

se ierimo dai chissà come quel’unica volta
un baso vero su la boca
chi me portava braghe de scurtar le balzane
chi un rinforzo de cusìr ai comi chi slargar o
strenzer in vita cotole giache refar i ocei d’i
botoni anca bruti sbreghi de rapezar c’una
pazienza che nissun in confronto a metà tra
sarta e mendaressa fin ch’i oci me gavessi
tegnù lavoravo in casa in un quartier de via
de la guardia la porta sempre ’verta siora
fausta – le done ciamava… el telefono zerto
che lo gavevo de bachelite nero tacà sul muro
in coridoio e prima ’ncora nel trentacinque
ne la casa de moda ma finida quela storia ani
dopo sempre meno lo ’dopravo e no’ poche
volte co ’l sonava là in via ciamician poca
voia de risponder e in do’ volè che sìo se no’
a perder i oci su ’ste straze ghe zigavo de ’na
camera in fondo el coridoio oltra la cusina
el tavolo co’ la coverta c’un linzioleto bianco
sora per quel’ultima sopressada col fero
de stiro e in bela luse tacada la finestra el
lavor in senton me lo tegnivo sui zenoci

ci eravamo dati chissà come quell’unica volta / un bacio vero sulla bocca / chi mi portava calzoni da accorciare il risvolto / chi toppe da cucire sui gomiti chi allargare o / stringere sui fianchi gonne chi a rifare le asole dei / bottoni anche brutti strappi da rammendare con una / pazienza a metà tra / sarta e rammendatrice finché gli occhi mi avessero / retto lavoravo in casa in un appartamento di via / della guardia la porta sempre aperta signora / fausta – le donne chiamavano… il telefono eccome / che l’avevo di bachelite nera attaccato al muro / in corridoio e prima ancora nel trentacinque / nella casa di moda ma finita quella storia anni / dopo l’avrei usato sempre meno e non poche / volte quando suonava là in via ciamician poca / voglia di rispondere e dove volete che sia se non / a perdere gli occhi su questi straccetti gridavo da una / stanza in fondo al corridoio oltre la cucina / il tavolo con la coperta con un lenzuolino bianco / sopra per l’ultima pressione col ferro / da stiro e in bella luce accanto alla finestra il / lavoro seduta me lo tenevo sulle ginocchia

 

Claudio Grisancich (1939) vive a Trieste; ha pubblicato una quindicina di titoli fra raccolte di poesie e plaquettes; autore di vari testi teatrali (tutti rappresentati), con Roberto Damiani ha ordinato l’antologia Poesia dialettale triestina (1975) e l’edizione aggiornata La poesia in dialetto a Trieste (1989). Poeta soprattutto in dialetto, scrive e pubblica su riviste anche poesie e racconti in italiano; collabora con la RAI (originali e sceneggiati radiofonici, speciali televisivi); sue poesie, presenti in numerose antologie (anche scolastiche), sono tradotte in sloveno, inglese, francese e tedesco. Nel maggio del 2011, per i tipi della LINT-Editoriale, Trieste, esce il volume Conchiglie – sessant’anni di poesia (1951-2011) che raccoglie l’intera produzione poetica in dialetto di Grisancich (Premio Biagio Marin, 2011; Premio Giovanni Pascoli, 2012).

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