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Leggere e analizzare il testo Tecniche di basso livello (Lavieri 2009) di Gherardo Bortolotti significa doversi confrontare con uno degli esempi di scrittura più significativi e interessanti apparsi in Italia negli ultimi vent’anni: ne è dimostrazione l’influenza che questa raccolta ha avuto su un relativo numero di autori delle più recenti generazioni. Ad esempio, in un’intervista realizzata nel 2015 da Claudia Crocco per il sito web Le parole e le cose in cui, in una domanda, si chiedeva a vari critici e scrittori italiani nati negli anni ottanta (Mimmo Cangiano, Davide Castiglione, Martina Daraio, Francesca Fiorletta, Giacomo Racis, Ida Campeggiani, Marco Malvestio, Lorenzo Marchese) chi considerassero come autori significativi di poesia e prosa tra coloro che avevano pubblicato un’opera tra il 1990 e il 2015, ben due intervistati (Francesca Fiorletta e Marco Malvestio) fecero il nome di Gherardo Bortolotti e del suo Tecniche di basso livello, sottolineandone l’efficace componente grottesca e distopica.
Per parlare di questa raccolta necessariamente ci si deve affacciare all’interno del vasto universo della cosiddetta poesia di ricerca, ovvero di quello scrivere, molto diversificato da autore ad autore, che si pone come linea comune l’agire in maniera critica contro il concetto tradizionale di poesia lirica novecentesca e contro le sue caratteristiche fondamentali, a partire dalla preponderanza del cosiddetto “io lirico”. Un fare poesia che si concentri solamente sulla soggettività dell’autore (e su come essa venga riflessa dagli oggetti o dalle esperienze che lo circondano) è ritenuto qualche cosa da mettere in discussione alla luce delle categorie della contemporaneità.
In Tecniche di basso livello questo appare evidente nell’utilizzo alternato, all’interno dei componimenti, da una parte della prima persona plurale come soggetto collettivo non più capace di identificare un’individualità ma, a ben vedere, neppure un gruppo orientato (piuttosto una massa che si sposta a seconda dei luoghi comuni e delle finte necessità di consumo), dall’altra dalla creazioni di fittizi personaggi dalle personalità e dai nomi propri non credibili e impersonali ( nomi come bgmole o hapax ricordano molto il Qfwfq delle Cosmicomiche di Calvino che, guarda caso, in un articolo apparso nel blog Vibrisse, Bortolotti cita come autore fondamentale nella sua formazione di scrittore) che diventato i responsabili di quel non agire sistematico che caratterizza tutto il libro. Ciò che si vuole mettere in dubbio in questa raccolta non è soltanto la possibilità di dare forma, nella contemporaneità, a un Io convincente, che non sia soltanto un elemento passivo di fronte alla comunicazione dei mass-media o alle mode di mercato (Tecniche di basso livello relaziona tutta l’interiorità dei personaggi rappresentati al loro usare oggetti e seguire mode molto banali), quanto, addirittura, la definizione stessa di autore e, conseguentemente, anche di pubblico.
Affrontando quest’ultimo aspetto, non si può non considerare i rapporti di Bortolotti con il web e con la scrittura nei blog: in un articolo del 2016 sul rapporto tra letteratura e internet pubblicato per Le parole e le cose egli scrive che “ dalla validità semiautomatica dei contenuti, figlia dell’accumulo anodino degli stessi, deriva anche la validazione degli utenti che li producono. (…) Gli utenti accedono, in quanto operatori, ad una modalità attiva di partecipazione ai circuiti mediatici e culturali e sono riconosciuti nel loro ruolo di produttori di discorso senza bisogno di alcun meccanismo di selezione.” In Tecniche di basso livello è evidente la piena consapevolezza dell’evanescenza, nel contemporaneo influenzato dal web e dalla crisi generale dei ruoli, della figura dell’autore canonico e del sorgere, invece, di un pubblico non più solo ricettivo ma anche produttore di contenuti. L’opera poetica di ricerca, citando Paolo Giovannetti in La poesia italiana degli anni duemila (Carrocci Editore 2017), diventa, negli ultimi anni, una vera e propria installazione, fruibile dal lettore soltanto se esso decide di partecipare attivamente alla determinazione di senso del progetto artistico, se è disposto ad “entrare” nel libro ed essere egli stesso autore: così si spiega la particolare struttura di Tecniche di basso livello, costruita per coppie di componimenti a cui sono associati due numeri contigui (ma nessuna coppia di numeri risulta essere successiva o precedente a qualche altra coppia in una diversa pagina) e che non presenta né un preciso inizio, né un particolare percorso logico e di senso da seguire, permettendo al lettore di accostare le pagine un po’come desidera, creando una disorientato sentiero personale (e in questo si scopre anche una riflessione sulla difficoltà di individuare un canone oggettivo o delle linee di spiegazione sistematiche nella postmodernità). Fondamentalmente, si tratta di un progetto artistico in cui prevale uno sguardo statico sulla realtà, in cui non c’è azione ed evoluzione ma constatazione distaccata e impotente del non divenire (aspetto che viene reso efficacemente grazie anche all’utilizzo del tempo imperfetto).
Questa caratteristica introduce un’altra peculiarità di questa raccolta che ne conferma la profonda vocazione anti lirica: l’assenza di versificazione all’interno dei componimenti e l’apparente aspetto prosastico (indiscutibile) e narrativo; non a caso, ad esempio, alcune parti di Tecniche di basso livello sono state inserite nel 2014 nell’antologia La terra della prosa. Narratori italiani degli anni zero (L’orma editore)  a cura di Andrea Cortellessa. Perché, allora, resta comunque lecito riferirsi a questo testo come a un libro di poesia? Innanzitutto, la prosa, magari fortemente lirica, non è di certo una novità in poesia e di “prosa poetica” si inizia già a parlare a fine ottocento con i decadentisti francesi. Nel caso di Bortolotti però, essendo totalmente assente la componente lirica, il discorso da farsi è diverso: ciò che allontana questi componimenti dalla narrazione vera e propria è che il congegno che li muove e li caratterizza non è affatto l’azione (totalmente assente) ma, invece, la totale e involuta staticità. Tecniche di basso livello riesce a dare il senso di un discorso che vorrebbe cresce sia in direzione orizzontale (come è proprio della narrazione) sia in direzione verticale (come è caratteristica invece della poesia nei suoi sviluppi più attuali) ma che, invece, risulta incapace di progredire in qualsiasi modo e rimane immobile, piatto, in una condizione ibrida tutta particolare che riflette su sé stessa ma non sa approfondirsi. Inoltre, se ci si sofferma, alcune componenti formali proprie del discorso poetico  cosiddetto “tradizionale” sono vistosamente presenti i questi componimenti: un certo ritmo interno elementare viene dato dalle ripetizioni anaforiche di date strutture (vedi componimento 97) e in più il discorso procede sempre per immagini molto simboliche, metafore e similitudini.
Resta un’ultima questione da porsi, ovvero che idea di estetica possa portare avanti un lavoro letterario di questo tipo. Paolo Giovanetti, nel già citato La poesia italiana negli anni Duemila, propone, per i testi di Bortolotti, un approccio distaccato che riesca però anche ad essere partecipe dell’aspetto grottesco e dell’ironia: di fronte a una rappresentazione stereotipata (attraverso banalità e luoghi comuni in cui è difficile identificarsi totalmente ) e quasi parodizzata del vivere quotidiano, il lettore si trova a dover riflettere, spesso per antitesi, su che cosa qualifichi realmente il proprio personale esistere. Un po’ come Philip K. Dick, nei suoi romanzi, usava gli androidi per definire, a partire dal suo negativo, l’essere umano.
 
19-20
19. Abituati al ruolo di comparsa, seguivamo lo svolgersi degli eventi in attesa della fine della puntata. Cercavamo di darci conto di particolari irrilevanti, di analogie casuali tra vicende di secondo piano in cui credevamo di trovare il significato delle cose. Alcuni nodi venivano al pettine. La trama, tuttavia, procedeva, si infittiva, perdeva coerenza e organicità.
20. Attraversato da immagini e coiti di diverso grado di oscenità e perversione, bgmole affrontava le successive primavere, sospirando alle fermate degli autobus. La probabilità di esaurire gli ingenti desideri carnali, appresi dalla filiera della pornografia e dalle campagne pubblicitarie dei gelati e della biancheria intima, rimaneva costante nel suo valore nullo. I corpi di donna che incrociava, per strada, pulsavano di intimità altrui ma sempre più vicine.
 
97-98
97. Passeggiando come un contemporaneo, hapax aveva una percezione distratta delle vaste strutture di dati, di gerarchie d’immagini che attraversavano il suo cielo, come astronavi piramidali sui quartieri della periferia. Molte delle cose che gli venivano in mente, lungo il cammino, avevano delle implicazioni complesse, di cui non riuscivo a dare conto. Le pezze dell’asfalto, i particolari delle macchine parcheggiate, le ombre nei giardini condominiali, a un certo punto, riempivano il suo sguardo, la sua coscienza.
98. Lontani dagli abusi sui clandestini, seguivamo le vicende della nostra serie preferita e ci preparavamo a esprimere opinioni in merito al giorno d’oggi ed alle mutazioni climatiche. I nostri pensieri tornavano spesso alle ore della nostra infanzia e ai tempi in cui il mondo, e la merce, avevano aspetti di innocenza e di mistero.
 
Gherardo Bortolotti è nato nel 1972. Nel 2005 ha pubblicato l’ebook Canopo (Cepollaro edizioni) e nel 2007 la plaquette Soluzioni binarie (La camera verde ). Nel 2009 ha pubblicato Tecniche di basso livello (Lavieri) e ha partecipato all’antologia Prosa in prosa (Le Lettere) mentre, nel 2011, suoi testi sono stati inclusi da Vincenzo Ostuni nell’antologia Poeti degli Anni Zero (Ponte Sisto). Nel 2013 ha pubblicato Senza paragone (Transeuropa).
È stato, inoltre, fra i fondatori e curatori del blog letterario Nazione indiana e del blog di traduzioni e letteratura sperimentale GAMMM, con i quali collabora ancora. Il suo sito web personale è www.bgmole.wordpress.com. Insieme a Michele Zaffarano, infine, ha curato (e tutt’ora cura) per Arcipelago edizioni la collana Chapbooks, specializzata in letteratura sperimentale dalla Francia, dall’Italia e dagli Stati Uniti.
 
 

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