Benvenuti. L’appuntamento mensile di Slammer vi permetterà di conoscere alcuni dei poeti che si dedicano al Poetry Slam e all’interpretazione della poesia, con un lavoro di recupero dell’oralità. Avrete la possibilità di leggere  i loro testi e vederne i video. Il Poetry Slam è una disciplina teatrale che pone il poeta, o meglio lo Slammer,  sopra di un palco per recitare i propri testi dal vivo avendo a disposizione il corpo, la voce e tre minuti per esprimersi. Una giuria scelta a caso tra il pubblico valuta il testo e la performance e vota il vincitore; lo spirito non è quello della gara, bensì del confronto col pubblico e con se stessi. “Il miglior poeta non è quello che vince” è il motto della coppa del mondo di Poetry Slam di Parigi.

SIMONE SAVOGIN

Simone è pluricampione italiano di Poetry Slam. La sua forza comunicativa risiede nella completa padronanza dello strumento vocale col quale disegna immagini estremamente coinvolgenti attraverso i suoni delle parole che superano il senso  delle parole stesse. Dotato di una voce potente e delicata lavora profondamente sul ritmo e sulla musica.

Simone Savogin (Como – 18/02/1980) è direttore del doppiaggio e adattatore/dialoghista, scrive da sempre e non ha mai pubblicato gli 11 romanzi che ha perso nei floppy disk che, ormai, nessun computer sa più leggere. Ha cominciato la sua carriera da slammer nel 2005 per puro caso: seduto come sempre sul treno dei pendolari, ha ricevuto una strana richiesta da un suo “amico di treno” – “Mi hanno chiesto di organizzare un poetry slam e trovare 4 persone che leggano qualcosa… tu non scrivi mica canzoni?! Dai, ti iscrivo”. L’MC della serata, Lello Voce, rimasto sorpreso dell’esibizione, decide di portarlo con sé in giro per l’Italia. Insieme a lui e Dome Bulfaro, Savogin è nel collettivo che fonda la LIPS nel 2013 e da allora è 3 volte campione italiano in questo campionato. Grazie a questi risultati ha partecipato alla coppa del mondo di Parigi, agli europei in Estonia e Belgio, è stato ospite in Spagna per lo slam internazionale di Barcellona, ha partecipato al primo Slamstival internazionale d’Israele e ha vinto lo slam della Museum fever night al Parlamento Europeo di Bruxelles.
Ha pubblicato un libro di haiku illustrati insieme a Martina Dirce Carcano e con lei propone uno spettacolo di poesia performativa e live painting; è appena uscito Come farfalla il suo nuovo libro di poesie edito da Mille Gru, contenente tutti i pezzi proposti nei suoi 13 anni di slam.

–  Limiti
–  Più o meno tutto
–  Adoro l’essenza
–  Pakt Ljubljana – For me

Limiti
Sarà che ho mani calde
e amo accoglier freddi da cullare,
o anche che chi chiedo
s’accoccola in abbracci
che ho fortuna di dar buoni,
ma è proprio che ho sete di sentire.
Tra te e me, è meglio non avere niente,
perché se segni tuo
tutto il territorio,
finisce che la vita s’ha durina.
O forse
il mio
è solo timore di finire
davanti al grosso nulla che ho qui dentro.
E sarà giusto il prendere,
il pretendere
e il pregare,
credendo d’esser fulcro
sin da feti,
siam nati
soli
in mezzo a un universo
che ti fan pensare tuo
e a te dovuto.
È il perfetto che t’aspetti che accresce acredine,
ma credimi se dico “non esiste”,
e si sta bene, giuro, anche con poco
se poi con l’esser sé
s’è sempre onesti.
E stima bene quello che hai vissuto,
hai visto come accumuli continuo?
Se hai, hai sempre più
e poi t’annoi.
ma a noi, di ciò, che ce ne viene?
Le vene del viver bene sono altre,
e tremano soltanto
se sai riempirle di sapere.
Il sapore della vita è nel mangiarla
e sorridere del gusto inaspettato che si scopre,
e uniti e non disgiunti si giunge al nuovo,
o voi credete d’aver tutto e che vi basti?
Pasti a base d’astinenza e sbagli
m’han reso abbastanza saggio da capire
che valgo solo se ti dono ore
e che il migliore me
è noi.
Più o meno tutto
È sano che un umano abbia segreti
son vie che prendi tu, e tu soltanto,
per viverti e saperti un po’ più saggio,
quando ogni cosa dice il contrario.
I sogni sono tuoi come il sapere
e nessuno sarà mai come sei
l’empatia è irreale
come l’amore
che salva, sì, ma come dio, perché inventato.
Ma è giusto tuffarsi in illusioni
aiuta a sentirsi parte
e l’arte di mentirsi è una salvezza,
forse l’unica speranza di galleggiare.
Aversi salva vite,
ma l’equilibrio
non va cercato in altri, né mutuato,
è forza viva che va costruita,
senza la pretesa sia dovuto.
E a nudo, guardati e scandaglia,
gli scandali son tali per pudori
indotti dal crederci migliori
di chi ci vuole forti
o ci fa creder principesse.
Se fosse il vero anelito il sapere,
e il merito, com’è, non esistesse,
conoscersi sarebbe l’oro puro
e non ci s’aspetterebbe ciò che non può.
Siamo fatti per deludere,
e ognuno ha il suo nero nel profondo,
onde di scelte e lasciar correre,
navighiamo correnti che viriamo a scuse.
Accoglierci tra braccia e petto e mani,
come incastri di risuono ed eco e cresta,
è il bene più grande che ci resta
in questa nostra storta coincidenza.
Le gocce dei secondi arrotondano ogni cosa,
anche la più forte e proprio quella che “…non avresti mai dimenticato”,
l’accettarsi è il fondamento in tutti i passi,
non: piacersi, amarsi, avere oppure credersi;
sedersi ad ammirare il male,
capire che giustizia non immane
perché nella gabbia aperta del dovere
siam noi che decidiamo
quanto rispetto offrire.
Ferire è inevitabile
e labile è il limite tra
imitare ed essere,
e se restar se stessi
è il cammino,
il traguardo è sempre
l’imparare.
Tu sei tuo e nessun altro,
come niente
se non i tuoi pensieri,
e dirli li cambia già,
ché condividere
è crescere e modificarsi.
Che i modi non sian morsi, ma carezze,
ché essersi è il vero dono
di bellezza.
Adoro l’essenza

 Avrei voluto conoscerti
che ancora non sognavi,
per perdermici insieme a quegli occhi
nei voli e nei pugnali.
Quando ancora i capelli eran lunghi
e avrei potuto dormirci,
respirarne il sapore di crescere
che avete voi spiriti liberi.
Avrei voluto conoscerti
per capire le scale e quei salti
che i pensieri di ieri intessono in te con certezze, momenti e poi dubbi
inferti col fuoco di mani incapaci di senso del vero e parlare con te di quei crucci
che son diventati i tuoi muri, duri, scuri e pesanti che ora ci vedon sentirci da parete a parete con mani che corron mattoni.
Avrei voluto conoscerti
ma non è stato.
Avrei voluto abbracciarti
nei vicoli che sanno di mare
quando ancora i tuoi sedici anni
davan senso a sempre e mai.
Avrei voluto conoscerti
quando s’impara il valore di tutto.
Seguire conquiste e sconfitte,
scaldare nei giorni di gelo,
trovare quel tempo speciale che ti fa danzare anche quando ti piove nel cuore.
Avrei voluto cullarti
in irlande di cieli e delfini
assentire, negare, sentire e annegare con te nei ricordi di soli migliori.
Ammirarti cantare.
Avrei voluto volare
nei baci che t’han resa speciale, nei vini che ti sanno apprezzare, nei giorni di scuola e di quiete, che hai preso per mano e posato, in lettere spedite alla te del futuro.
Avrei voluto viverti
da lontano e da sempre, come le musiche dolci dei grandi, quando ancora eri in un’altra persona.
Avrei voluto e non ho.
Come è giusto che accada nel caso.
E come nel caos ci si scontra,
è inutile tentar di fermarsi a vicenda,
il tempo è fatto per correre istanti di vetro e di giostre e dimostra la forza che ha
alleviando dolori, ma sconfitto sorride disarmato, quando stringo il ricordo di te.
Avrei voluto conoscerti
quando sbocciavi.
E scrivevi con petali dolci,
che libertà non è solo abbattere muri, ma anche costruire sorrisi.
Avrei voluto ci fossi,
quando in tutti cercavo i tuoi passi e capivo che in fondo importa solo indossare i secondi diamante, per aiutarsi in quelli di buio e se anche si è con promesse, il bastarsi non è un compromesso.
E ora che so che tu esisti
sono fiero di avere vissuto.
Perché questo è tutto quello che ho sempre voluto.

Pakt Ljubljana – For me


“Ehi tu questo è quello che sei
negli occhi giudici
ehi tu non vorrai tenerlo giù
puro veleno
non sei mai come vorrei
ingorda e debole
non fai che dire “potrei”
e niente regole”
fili e pelle, gocce di posso sul bianco del niente
fili e perle, divorami ancora ed esplodi nel ventre
fili e stelle su nero leggero e respiro si perde
fili e stille, condanna di garza a sentirti ora e sempre
“ehi tu, parlami ancora di noi
indivisibili
ehi tu, non lo fare mai più
scuse puerili
muoviti e fai quel che puoi
ma tanto è inutile
la forza cede a quel che vuoi
maschera in fragile”
fili e pelle, gocce di posso sul bianco del niente
fili e perle, divorami ancora ed esplodi nel ventre
non ho che te
per esser me in
fili e stelle su nero leggero e respiro si perde
fili e stille, condanna di garza a sentirti ora e sempre
ti di-strug-ge-rò con me, nella peristalsi che mente m’inverte
S I D S, ho ucciso e ora uccido il mio essere inerte

La rubrica slammer è a cura di:
Paolo Agrati è nato nel 1974 a maggio. Oltre alla scrittura e alle performance dal vivo, si dedica al canto nella Spleen Orchestra,band che ha fondato nel 2009. Numerose le sue partecipazioni a manifestazioni internazionali tra le quali il XXIV Festival della Poesia di Medéllin, il XXXIII Festival di Poesia di Barcellona, la World Slam Cup di Parigi e il IV Portugal Poetry Slam del 2017. Ha pubblicato le raccolte di poesia: Partiture per un addio (Edicola Ediciones 2017) Amore & Psycho (Miraggi Edizioni 2014), Nessuno ripara la rotta (La Vita Felice 2012), Quando l’estate crepa (Lietocolle 2010) e il libriccino piccola odissea (Pulcinoelefante 2012).

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