Nati negli anni Ottanta è un progetto a lungo termine che ha l’intento di riassumere e catalogare le esperienze poetiche individuali o collettive portate avanti da autori nati in Italia tra il 1980 e il 1989. Si tratta di poeti cresciuti letterariamente in ambiti e contesti diversi e dunque legati spesso a modi di intendere il discorso in versi del tutto differenti. Per segnalare i libri dei poeti nati negli Ottanta scrivete sul form di contatto.

 

Roberta Sireno ha pubblicato il primo libro nel 2011, Fabbriche di vetro (Raffaelli Editore). Vincitrice di alcuni premi, nel 2009 è prima classificata al concorso di poesia Certamen del Centro di Poesia Contemporanea di Bologna, e nel 2013 è prima classificata al concorso di poesia Dentro che fuori piove promosso dall’Università di Bologna. Ha svolto attività performative e poetiche in diverse realtà artistiche e teatrali (Teatro del Pratello, Teatro Valdoca, Magnifico Teatrino Errante). Senza governo (Raffaelli Editore, 2016) è la sua seconda opera. Nel 2018 ha vinto il Premio Anna Osti per Opere edite.

 

 

Poesie tratte da Senza governo (Raffaelli, 2016)

 

nient’altro che l’urlare
sotto l’acqua

è la calza che si abbassa l’altra sporgendo fuori dal letto il reggiseno
storto le unghie che ficcano – si stacca il tempo scoppia
l’inverno in una punta di lingua di cima affollata: è il cadere è
la distorsione della fame – e cadendo è il
pavimento che si sfalda – i fianchi sbattono
ai ripieni alcolici:

essi sono essi vengono essi sono nell’affaccio essi sono
sperimentazione essi il linguaggio essi che non
toccano il punto
dell’assordimento –

 

 

***

 

 

(tu che sempre dissolvi tu che sempre abbassi a scivolare sul fallo fino al rialzo dello
sguardo tu che sempre mi trascini con uno sbattimento di
corpi: tu – amore – che hai detto della mente cristallizzata tu che non sai
tu che ancora ti sottrai alla stessa moderata
distruzione: tu che gridi
la mia precaria inclinazione tu sempre quando
il giorno immobilizza
la catastrofe)

 

 

***

 

 

sono il buio sogno perverso che si mangia saliva che cola
osso di legno vibrato da unghie dritte
vedi l’uomo bianco che cammina che zoppica
che non rompe l’acciaio scosso dalla voce e:

io presa nello spasmo dall’orgasmo del vetro ficcato nella vagina
aperta alla melma della terra ho riso ho puntato io
dritto nell’occhio la forbice
per fare viso cavato a scoppio di rosso e braccia
appese al pozzo

è venuto il momento

delle pozzanghere dove il dito scende e spara a bersaglio

cicloni da vento da acqua perché io
beva all’alba

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