Dalla presentazione

Il rovo è una pianta infestante, rampicante, perenne, spinosa. Nasce con lo scopo di donare al terreno un nuovo DNA: spacca la terra compatta e permette all’ossigeno di infiltrarsi al suo interno. Cosí facendo, favorisce la nascita della vita dove prima non c’era. Con Rovi, silloge poetica articolata in tre macro-sezioni, l’autrice giunge a un linguaggio poetico necessario: il rovo ha creato un nuovo respiro, il selvatico si fa spazio e lascia la parola al sublime.

 

Da Rovi (Eretica Edizioni, 2018)

 

Dentro la testa hai
una donna accartocciata che prega.
Dentro il petto
una prigione
con palloncini d’acqua.
Nell’addome
un lungo lungo serpente
raggomitolato alla rinfusa.
Nel basso ventre hai
la testa di una cerva in amore
con le orecchie abbassate.

*

Era un altro tempo e avevo argini.
Ero tutta di mura allarmi antifurto
ero di sentinella e filo spinato.
Il boato si udì nella notte:
arrivasti con quella palla che demolisce
non lasciasti scampo.
Sono come un’ostrica aperta.
Senza indugio mi mangerai.
A tentoni m’insinuo nei tuoi interni:
vomere, semilunare, deltoide, cresta eliaca
esofago, narice, ipofisi, ghiandola pineale
ventricolo destro, cavità glenoidea.
Ti sto dentro. Brandelli di mondo
come direttori d’orchestra coriandoli
passano ondeggiando di qua e di là
fino a trovare il suolo.
Fa’ pure, fa’
non c’è motivo di allerta.
Mi adagio nel tuo osso occipitale
nella tua conchiglia
sento il rumore del mare.

*

Il mio amato è bianco
e ha voce slegata.
Mi sillaba: ma-re-a
il resto va ai pesci.
Rimani ancora
ti strofino i piedi
mangio alabastro lavanda
lucido il teschio che sarai.
Di tutto il detto io
sono io e sempre quella
che sta fuori dal nome
dalle parole scritte
sono quella fuori
la tua scelta:
tra mille, me.

*

Ho da imparare dal mondo
ad accettare le nebbie
i tuoi colori pastello
a saper fare ancora una volta
lo stesso movimento di ieri
e farlo domani e il giorno
seguente. Ho da imparare
dal mondo a ruotare
a mostrare ora questa faccia
ora quella, ma che siano
tutte quel vero quell’essere
della montagna antica.
Ho da imparare tante cose
dal mondo. Come stare dentro
quando vuoi esser fuori
come rimanere in struttura
di ferro e bulloni per anni
anni prima di uscirne in volo.
Come tenere un piccolo dito
fermo nell’aria a indicare
la strada. Ho da imparare
a soppesare l’amore
a farlo meno istinto più
bassa marea più calmo
vento brezza fresca.
Tutto questo e altro
tanto tanto di altro
quasi tutto non so:
mi siedo al banco
imparo forte.

*

Un tempo fui donna e uomo
con spalle grandi e calli sulle mani.
Un tempo fui pentola calda sul fuoco.
Sole e luna fui.
Fui campo di battaglia
salmo in maggiore
canto di stagione.
Un tempo fui mulattiera
roccia che muta
la bambina col soldino in tasca.
Fui rapimento
eccessiva bellezza
la croce del Santo.
Un tempo fui grano e fatica.
Senz’altro fui madre.
Madre fui
e non temo tempesta.

 

 

 

Alma Spina nasce a Savona nel 1991. Dopo gli studi classici, si laurea in Discipline dell’Arte, della Musica e dello Spettacolo all’Universitá degli Studi di Torino. Nel 2013 vince il Premio di Poesia “Anselmo Spiga”. Rovi è la sua opera prima.

 

 

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