Poesia del nostro tempo presenta l’Archivio virtuale de L’Italia a pezzi. Antologia dei poeti italiani in dialetto e in altre lingue minoritarie.

Remigio Bertolino (Montaldo Mondovì, 1948) vive a Vicoforte. Ha iniziato a scrivere in dialetto piemontese con il racconto breve Mia mare, A l’ansëgna dij Brandé del 1976. Ha pubblicato inoltre: L’eva d’ënvern, Amici di Piazza, Mondovì 1986; Sbaluch, nota di G. Bárberi Squarotti, C. Studi Piemontesi, Torino 1989; A lum ëd fiòca, nota di Franco Brevini, Liboà, Dogliani 1995; Ël vos, nota di Giovanni Tesio, Interlinea, Novara 2003; Stanse d’ënvern, presentazione di Elio Gioanola, San Marco dei Giustiniani, Genova 2006. Nel 2005 sono uscite le prose Al ballo del tempo, nota di Claudio Bo e disegni di T. Terreno, Liboà, Dogliani. Del 2009 sono il romanzo breve Il maestro della montagna, con disegni di T. Terreno, Liboà, Dogliani, e Rabeschi, con prefazione di G. Bagnasco, Gli spigolatori, Mondovì. È presente nelle antologie: Poeti in piemontese del Novecento a cura di G. Tesio e A. Malerba, Centro Studi Piemontesi 1990; Poesia dialettale dal Rinascimento a oggi a cura di G. Spagnoletti e C. Vivaldi, Garzanti 1991; Via Terra a cura di A. Serrao, Campanotto 1992; Antologia di poesia piemontese-rumena, Edizioni Studia 1998; Il pensiero dominante a cura di F. Loi e D. Rondoni, Garzanti 2001; Dialect Poetry of Northern & Central Italy, a cura di L. Bonaffini e A. Serrao, Legas 2001; Antologia della Poesia in Piemonte e Valle d’Aosta, puntoacapo Editrice, 2012. Nel 2011, per puntoacapo editrice, ha raccolto la sua produzione poetica in Versi scelti 1976-2009, con prefazione di G. Bárberi Squarotti. Con il libro La fin dël mond (La fine del mondo). Poesie 2005-2011 (puntoacapo ed., 2012, prefazione di G. Tesio) Bertolino ha vinto il Premio di poesia “Giovanni Pascoli” 2013.
Da L’eva d’ënvern
A ca
j’ava fasse ’l ni
la mòrt.
I passava
sensa trasse
sjë specc.
La fiòca
am bèicava dai veri.
«Pòrtme n’at,»
i-j bramava.
Ma chila, dòp un vòl,
am dëscariava ’nt la stànsia
con ij ridò bianch,
le figure nèire
ëntòrn a la cassia,
le man siorà
ch’i scoro su gran-e ’d rosari
e ’l gat – àngel ëd prea –
a fissé la sënre
ch’as mugia sot la stiva.
A casa / aveva fatto il nido / la morte. / Passavo / senza immagine / sugli specchi. // La neve / mi guardava dai vetri. / «Portami in alto,» / le gridavo. / Ma lei, dopo un volo, / mi abbandonava nella stanza / con le tendine bianche, / le figure nere / intorno alla cassa, / le mani butterate di geloni / che scorrono su grani di rosari / e il gatto – angelo di pietra – / a fissare la cenere / che s’ammucchia sotto la stufa.
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