“Di solito si pensa alla letteratura di oggi come al veicolo della voce dei vivi, mentre quella classica avrebbe il compito di farci arrivare dal passato quella dei morti. Questi sei autori, invece, sono contemporanei ma hanno già la voce scura di chi non potrà più parlare. Sulle circostanze in cui sono stati scoperti, raccolti, ordinati e pubblicati basta ciò che si può ricavare dai testi stessi, anche se di necessità lacunoso e impreciso. Almeno per il senso di perdita e il grido che lanciano attraverso e contro il tempo, sono già dei classici. Al lettore trarne il vero e il meglio.” (Dalla Premessa di Andrea Raos).

Un prezioso album fotografico, in cui i volti sono sgranati e le atmosfere sensuali e rarefatte, una manciata di istantanee che colgono l’attimo perfetto tra la vita e la morte, attraversando il tempo e il mondo da un punto cardinale all’altro: è così che si offre allo sguardo, aprendosi quasi sconfinato in un susseguirsi di rimandi e citazioni letterarie, di voci che si affastellano e si confondono,  il nuovo libro di Paola Silvia Dolci, I processi di ingrandimento delle immagini, un’opera conturbante che si imprime a fondo nella memoria, e scontorna la linea di demarcazione tra le nostre reali esistenze e quelle evocate  dall’immaginazione fertile dell’autrice, che pure sembrano le più autentiche. Sotto la lente d’ingrandimento  di una potente parola poetica, che riesce a modularsi di volta in volta nelle diversità timbriche che caratterizzano i sei personaggi protagonisti, emergono i dettagli e le sbavature che rendono così vicini e riconoscibili queste donne e questi uomini, al punto che qualche volta, in un gesto emerso lentamente come in una polaroid che matura le sue forme, sembra quasi di ritrovarsi, diversi eppure familiari, contro uno specchio che proietta in un’altra dimensione temporale la nostra immagine riflessa.  Che cosa resta dopo tutto? Forse, come sembrano suggerirci le ombre che si annidano tra le righe di questo dettato luminosissimo,  il ricordo di quello che (non) siamo stati, in mezzo alla paura e al non detto. Oppure solamente il primo verso, l’incisione che ci mette al mondo e in un girotondo di luoghi amori oggetti ci riporta al punto di partenza, qualunque esso sia. Dopo l’attesa di una vita. (Silvia Rosa)

 

da I processi di ingrandimento delle immagini – per un’antologia di poeti scomparsi (Oèdipus, 2017 – illustrazioni di Michaela D’Astuto)

 
Poquelin
Arturo Degani (Verona 8-1-1960, scomparso a Santa Teresa di Gallura il 31-3-2015).
VI.
Su tavoloni di larice e dodicimila
pali di olmo, faccio la conta
delle strade in cui ho fottuto.
La poesia è una lingua lunghissima
che rotolo e strotolo. Else smonta
gli occhi e gioca a biglie.
Le calli sono una pista.
I rametti, lucertole sulla tomba di Casanova.
 
Ta Pum
Andrea Furlan (Trieste 18-8-1951 – Venezia 1-9-2015). Suicida.

Alla mia infanzia, muta o ammutolita. Cìn.

III.
Phlebas. Inverno, nebbia;
visitiamo una casa sulla spiaggia,
io, lui e alcuni amici.
Ci sono un fantasma e la sua innamorata
morta per affogamento.
Diverse inquadrature.
Il fantasma sta spiando dai vetri
l’innamorata dentro alla camera;
invito gli altri a non fermarsi, non ci vedrà.
Siedo sul bagnasciuga, sono bella.
Il fantasma si avvicina,
mi confonde con l’innamorata
mi fissi a lungo negli occhi prima di uccidermi
mi trascini in acqua.
Questo è l’istante in cui inizio a mentirti.
 
nomi
Eva Fabbri (Piacenza 8-12-1992 – Capraia 14-7-2014). Cade da una finestra.
V.
lo zucchero si è appiccicato al quaderno
torta e coca cola, una festa
la cima dell’empire state building tra le nuvole
il tavolino sempre ai piedi delle percussioni
la batteria è d’oro le bacchette celesti
non tengo mai il tempo sono impaziente e fuori
sopra central park
giove litiga con sua moglie, papà
make me rainbows* gli arcobaleni
ci saranno nascosti al buio
gente che non ha mai messo il naso fuori
da chinatown, i topi nella metropolitana
i barboni escono per il caldo
e le bambine sanno che non devono toccare nessuno**
hanno gli occhi pieni di animali
forse vorrebbero farci ballare
in qualche modo
nella sala
tutti continuano a baciarsi
*J. Williams
** K.Press
 

Paola Silvia Dolci, ingegnere civile, è diplomata presso il Centro Nazionale di Drammaturgia, dirige la rivista indipendente di poesia e cultura Niederngasse e collabora con periodici letterari. Ha pubblicato Bagarre (Lietocolle, 2007), NuàdeCocò (Manni, 2011), Amiral Bragueton (Italic Pequod, 2013). Ha tradotto, tra gli altri, Maxine Kumin, Galway Kinnell, Christian Gabrielle Guez Ricord.

 

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