“[…] Ecco dunque precipitare, nelle caustiche istantanee di Primine, i tanti casi di cronaca che di continuo ci ragguagliano sull’inferno domestico che chiamiamo famiglia (l’anoressia di chi «a sette anni» fa la «bambina modella», «con le costole a vista» e «le extenscion da / cubista»; le molestie incestuose del «babbo scaldino» che «si muove appena», nel «lettino», producendo nella figlia appena «un dolorino»; il padre violento che non accetta la separazione, e «speriamo che […] non ci ammazza con la pistola»: «io intanto gli voglio bene / per precauzione») nonché sul deutero-inferno che chiamiamo scuola (le persecuzioni social delle «riprese» fatte col «cellulare» dai compagni, delle «femmine che si tirano su le gonne»; «il bambino comportamentale / lo lasciano sulle scale / col bidello / in apprensione se cade»; la morte di «andrea / impiccato alla ringhiera / dice che era un gioco finito in tragedia»), dietro e alla radice dei quali però ci vengono mostrate in primo luogo la violenza e la sopraffazione, razziale e di genere, sempre più capillarmente diffuse nel linguaggio, nel discorso, nell’immaginario […]. Se segna a dito qualcosa, la scrittura di Carnaroli, è […] proprio la banalizzazione cui la doxa mediatica sottopone questo bradisisma di violenze, questa guerra a bassa intensità: la coazione all’emotività più corriva che, ogni volta, riesce nel miracolo di isterizzare e insieme edulcorare il reale (nella sua sostanza traumatica di per sé inattingibile) formattandolo in ‘notizia’ e poi, ulteriormente, in ‘sintomo’ sociologico […]. A trattenere la scrittura di Primine al di qua della banalità della denuncia (se proprio si vuole fare della «denuncia» – amano polemizzare Antonio Rezza e Flavia Mastrella –, piuttosto che fare dell’arte ci si rivolga ai carabinieri) c’è infine la diretta assunzione in prima persona, qui quasi esclusiva, del linguaggio del trauma. […] Non c’è traccia, in questi referti minimi, di quei dettagli macabri, sensazionalistici, cui non sa resistere nessun bravo professionista dell’infotainment. Davvero questa scrittura povera che è la poesia di Alessandra Carnaroli si presenta come una scrittura del trauma. Ma non ha bisogno di ostenderne le stimmate: il trauma non è quello che ci mostra, bensì quello che è. Una parola che salta e si rannicchia in un angolo, una parola annegata, una parola dislessica: selvaggia come il nero cuore del mondo che, presto o tardi, farà in modo che moriremo tutti.” (Dall’introduzione di Andrea Cortellessa)

da Primine (edizioni del verri, 2017)
5
disegno una casa con una bomba
dentro
in realtà è mio padre
che sbatte la porta
attacca mamma al muro
con le pentole
la lecca
se riporta ferite
superficiali
mio fratello dice che un giorno gli spacca la testa
io se piango lui magari la smette

7
dormo con babbo nel mio lettino
la mamma allatta il fratellino
dormo con babbo è il mio scaldino
si muove appena
fa veloce
è un dolorino

10
sono dislessica in classe terza
inverto la m con la n
la p e la b
vado lenta
mi hanno certificato dsa
e porto pazienza
i miei compagni a volte ridono
ma la maestra
li urla
non devo più leggere ad alta voce
dio me lo dispensa

41
papà e mamma
si sono separati
per colpa di mia madre
che si era stufata
delle solite cose
tipo litigate
speriamo che mio padre
un giorno in tribunale
non ci ammazza
con la pistola
o un colpo di pugnale
succedono queste cose
alla televisione
io intanto gli voglio bene
per precauzione

45
mio padre si sente sfruttato
per via che è meridionale
lo chiamano terrone
ma fa il metalmeccanico
mi madre sente la mancanza
delle sue sorelle
che hanno casa giù
e già stanno in maniche corte
le ricadute su di me a volte ci sono
coi compagni
mi fanno le domande
sul mare e sui
vulcani
la maestra se dice sud
mi guarda
come se sono una bussola

52
le bambine devono
essere bambine
coi capelli lunghi
o corti se sudano
con gli strass
le mollettine
i cerchietti
si preparano a fare figli
a stare composte
a guadagnare meno dei maschi
si abituano
come il veleno
a un po’ di tacco
ai punti conad
e a quelli
di sutura
se in casa babbo
urla
allora è basta

59
vieni in macchina a fare un giretto
sul mio petto
stai protetta
mi hai detto
che buon profumo di cocco
ha il tuo cruscotto
non dovevi portarmi però
in piscina io
annegata
ancora bambina

84
sono scappata di casa due volte
ti aspettavo sulla porta
con la mano stretta
alla maniglia
volevo che mi dicevi fermati
perché ero tua figlia

Alessandra Carnaroli ha al suo attivo diverse pubblicazioni poetiche: Taglio intimo (Fara, 2001), Femminimondo (Polimata, 2011), la plaquette autoprodotta Animalier (2013), Sei Lucia (Isola, 2014), Elsamatta (Ikonaliber, 2015). Finalista al premio “A. Delfini” nel 2005 con la raccolta poetica Scartata e nel 2013 con Anna matta 467 membri e al premio “Elio Pagliarani” nel 2016 con Elsamatta, suoi testi sono inoltre inclusi nelle antologie 1° non singolo (sette poeti italiani), con una nota di A. Nove, (Oèdipus edizioni, 2006), Registro di poesia #5 (D’If, 2012), Bastarde senza gloria (Sartoria Utopia, 2013), Femminile Plurale (Vydia editore, 2014), S’agli occhi credi (Vydia editore, 2015). Insegna in una scuola dell’infanzia, vive con la sua famiglia e un maiale.

 

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