Sostieni la nuova avventura editoriale di ARGO su Produzioni dal Basso! Per la prima volta in italiano la traduzione di uno dei grandi capolavori del Modernismo americano, “After Lorca“ (1957) di Jack Spicer, cult-book che ha ispirato generazioni di poeti statunitensi; un dialogo raffinato con il poeta Federico Garcia Lorca alla ricerca del senso ultimo della “parola poetica” nella modernità.
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Dalla raccolta inedita CLAUSTROFONIA sfarfallii armati sottoluce
Centrifuga breve
annichilisce l’ibernazione d’averti amato
assolvendomi dal lutto dal dolore
ho legato i tendini ai levrieri
quel – noi – distribuito in scale (ma)
il calendario maya dice che
prosciutto e senape non mi piaceranno più
si disabita l’uguale quando tegole sconnesse
sfilano sugli occhi e si affaccia lanceolata
una fortitudine domestica come di centrino trapanato
spiccano le punte tutte intorno in direzioni orizzontali
– punti genuflessi al circolo –
*
Sbuffo capitale
nel bieco patetismo di un pupazzo
– non sono mai stata così rotta –
non si ha più sonno quando si teme d’invecchiare
le mani si fanno lunghe quanto rovi senza more
le dita raddoppiano si moltiplicano, come d’inverno
uncini verso il cielo e passa di qui spesso
un vento spurio di corpuscoli odorosi
rastrella i segreti della via li soffia sul collo
a volte uno chignon inganna lo spillone
un nodo per alture da giraffa offre la nuca
*
La banchina
Se penso la piccola soglia quando fingo di credere vere
le scuse battute come piste, sentieri verso il mio nome
quanto ignorante e infetto suturare la striscia smarrita
come Pollicino ho tentato di filo perduto
smangiucchiato scomposto in percorsi più sciapi
Consegno al tratto il rio del fosso
il salto nel pantano, ho estratto dal fodero la penna stilo
(quella feticcio partoriente pensieri) ho inciso di punta
sperata capace invece era secca, sillabe asciutte
senza solco peso dimora – e – sei tornata nella mente
nell’espressione nella voce nel gesto nel polso piegato, la mano
che mormora il dire la tua voglia di stare quel buio profondo
lo sguardo ritorto all’interno, cieco di chi non crede altro lato
qualcuno
*
Testolina
chissà perché tingevano le unghie ai bambolotti
li facevamo camminare sui talloni fino a farne buchi
e serravano le ciglia nel distendersi
restano gelidi certi spilli sul cuore
drenano stoppa macchiata d’arsura
un colapasta di mandorle amare, occhi
che non sanno chiudersi intatti
*
Gare de Lyon
è una separazione secondaria quella da te a me
il solito coniglio dal cilindro
procede per scomparse e apparizioni
si disarma alla carota del futuro. poi
indossavo tacchi alti e un cappotto troppo leggero
per dirti – sono io – quella qui dentro