Non oltrepassare la linea gialla
della ferita blocca il volo della falena
tra le dita. Le ali si sfregano
a formare la luce, non ha pace
il muto ronzio della voce,
lo strazio di voli fertili.

Avere nella mano il campo
che divide vita e morte
è il passatempo del Dio
bambino insonne ogni notte.

Se l’Angelo si sveglia
stringe più forte.

*
Per ritornare al grembo
per prima cosa
chiudersi a gomitolo tra le coperte
come in un gioco eterno dimenticare
le forme i colori gli spazi
abbandonarsi
guardarsi da fuori senza riconoscersi
farsi chiudere gli occhi
dal silenzio pungente
respirare piano, pianissimo per non svegliarsi,
inondare d’acqua col pensiero la stanza
galleggiare senza peso come aquiloni
attaccarsi con grazia il cordone
senza farsi male
dimenticare
fingersi morti per non essere attaccati
sentire e non sentire
scalciare per sentirsi vivi
rinascere
svegliarsi e ritrovarsi nudi
senza il bisogno di coprirsi
imparare a respirare
senza essere ascoltati.

*
Lentamente posare le cetre sotto i divani
a raccogliere globuli di un canto propiziatorio
al posto nostro, accecarsi
con un abbaglio di cenere
mentre scorre la clessidra,
ci guarda il dissiparci
la gioia sulla lapide,
farsi chiudere gli occhi
da mani stanche di calibrare la bilancia
dell’incostanza,
il peso della noia è ghigliottina
sospesa: la lama non incide – misura,
consumarsi come evidenziatori
lasciati sul tavolo senza tappi,
sperare, sperare, alzarsi,
andare da una stanza all’altra,
cercare. Qualcosa.

 

Lorenzo Pataro è nato a Castrovillari nel 1998 e vive a Laino Borgo (CS). È studente di Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Salerno. Bruciare la sete è il suo libro d’esordio (Controluna, 2018).

 

Immagine di: Kamil Vojnar

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