CONFINE DONNA –  V PUNTATA

Qual è il confine che ti ha segnata di più, cambiandoti, quello dal quale hai sentito di non poter più fare ritorno?

Sono diventata straniera molto presto. Questo ha prodotto atteggiamenti che si sono distribuiti negli ambiti più improbabili della vita, a volte deformandoli. Mi sono abituata all’idea che ogni discorso fatto a un gruppo non mi riguardi. Ho imparato a riconoscere che ovunque possono nascondersi addii che bisogna fingere di non vedere. Spesso sono diventata sostenitrice del cambiamento non perché necessario ma perché possibile. Negli anni ho dovuto individuare e rivedere molte di queste deformazioni, e forse non smetterò mai di farlo. Ma in verità non credo siano poi tante le esperienze dell’essere stranieri totalmente inaccessibili a un nativo. Non mi riferisco a specifici fatti biografici ma ai pensieri e emozioni che questi ultimi possono generare. Per esempio, non sono stata straniera solo da bambina, e quindi non conosco la differenza tra le due cose. Ma penso che esista per tutti un “ritorno a casa” impossibile.

da Il pesce rosso (Il Seme bianco 2017)
Svuotamento
Il mio lavoro è sempre stato –
contro l’azione meccanica del mondo,
contro la cura delicata della vita
nel costruirmi, farmi piena –
quello di mantenere un dissanguamento.
Al costo di ri-perforarmi al bisogno,
svuotarmi platealmente, ancora sulla scena.
Pur di sentire il perenne svuotamento
togliere tempo al sogno e all’atto
e perseguire – per ucciderlo! – l’adesso.
Pure senza volerlo, io l’ho sempre fatto.
Avere il morire lento come condizione
del vivere senza capirne il senso
è il compromesso per non trattenere il fiato,
attendere l’interruzione assoluta.
Pure senza volerlo, io ti ho guardato.
E ho messo in pratica intuitivamente
uno dei tanti gesti dell’eterna muta.
Occhi negli occhi, mi dissanguo e penso
che vivere e basta è non vivere affatto.

 

Anna Belozorovitch è nata a Mosca e ha vissuto tra il Portogallo e l’Italia, dove risiede stabilmente dal 2004. Ha concluso un dottorato in Studi interculturali presso l’Università Sapienza di Roma, con una tesi sulla letteratura prodotta da autrici migranti provenienti da Paesi dell’Europa Centro-Orientale e il legame tra scrittura e violenza. Ha pubblicato poesia e prosa, tra cui le raccolte poetiche: Anima Bambina (Besa 2005), Qualcosa mi attende (LietoColle 2013) e il romanzo in versi L’Uomo alla Finestra (Besa 2007). Nel 2015 sono usciti il suo romanzo 24 Scatti (Besa) e il volume Poesia (Lithos) di Kazimir Malevič da lei tradotto e curato. Sono da poco uscite la raccolte di poesie Il debito (LietoColle 2017) e Il pesce rosso (Il seme bianco, 2017). Collabora con Versante Ripido, mensile dedicato alla poesia, e fa parte della Compagnia delle Poete.

 

La rubrica “Confine donna: poesie e storie d’emigrazione” è ideata e curata da Silvia Rosa

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