[…] il bordo inciso nell’attesa
implode nella lotta
e c’è un cassetto al calare del velluto.

da (così essere) in (dietro l’una)

 

[…] eppure è
un colore di sonno la bocca che
metti sopra appena il mento macchiato
di parole mentre tutto spara e ha freddo la
terra nei minuti del mare appoggiati macerie sulle costole nude.

da .mandorle, in . la bottega di via alloro .

Daìta Martinez: poetessa, siciliana, di Palermo.
Riservata, lontana dai circuiti del futile apparire, non ama i riflettori.
Non ha un’opera recente da presentare ma due pubblicazioni importanti alle spalle, entrambe per LietoColle: (dietro l’una) del 2011 e . la bottega di via alloro . del 2013.
Una voce originale la sua, un’autrice smaccatamente fuori dal coro, che merita di essere letta anche (e forse soprattutto) negli spazi dei suoi silenzi. Perché i poeti devono considerarsi tali anche quando preferiscono rimanere appartati in ascolto.
Ha un senso alto della poesia la Martinez. Per lei, la poesia è ribellione ma ribellione vera, concreta, calata nel quotidiano, non sorretta da ideologie astratte o fanatici integralismi. La poesia per lei è lotta (trauma/ e cura): è buono che scotta, verità da denudare, preghiera che si radica negli occhi prima di farsi parola.
Una ribellione quella poetica che la indossa e che lei cerca di proteggere dagli inciampi e dalle frenesie dell’intorno. Questo il motivo per cui si avvicina ai versi pudicamente, a capo chino, con riserbo, quasi timore reverenziale, in punta di piedi. Lei alla poesia dà del vossia, per sua stessa ammissione.
E nel suo incedere per approssimazioni, il suo verseggiare si presenta come un ricamo impreziosito da innesti.
Il verso è sempre libero, scomposto, la parola è spezzata/ destrutturata/ frammentata/in attesa di essere ricostruita. La punteggiatura è provocatoriamente sgrammaticata, abbondano le figure retoriche, tutto appare in fieri. È una poesia fisica, carnale, sensuale, d’indole anarchica quella della Martinez.
Una poesia che singhiozza, che sa farsi denuncia e che ha il colore delle amate periferie (nel c’era una volta/ naufrago stivale/in delirante identità), diventando testimone della realtà respirata (dove c’era saliva/ come astratto zibaldone/ : implodo).
Una poesia che attinge da mondi lontani (intuirsi non è mangiare la bocca/ dove ingombra l’allargarsi del respiro/chiuso alla circonferenza del ventre), da bauli inondati di polvere (nuda/danza/del silenzio/che fiata), da valigie disfatte (.ed è un pretesto la cenere di adesso schiacciata su fondale) e armadi con segreti da decifrare (non ho ombra/ fino all’interno della sedia/ sopra i seni/ sospendo).
Non di rado, l’autrice predilige la forma dialettale perché solo il dialetto può rendere l’esatto contorno di quello che i polpastrelli delle dita disegnano nell’aria con stupore quasi bambino (.sciuscia na lacrima e calanu/ l’occhi dintra u pettu sfardatu/ t’accussì è fimmina chista ura/ ca s’astuta appizzannu u ciatu/supra a visitina ntrizzata cu fili/__ vagnati di ciuri) .
Le sue raccolte sono filmiche, raccontano storie (annusando l’incedere delle gambe/ scivoli nel recesso degli specchi/ come divano sfrangiato nella lotta/ .boudoir.). Architettonicamente complesse, si compongono di diverse sessioni, ogni sessione è contraddistinta da una titolazione che è, di per sé, già orlo poetico. Le titolazioni se lette consecutivamente vanno a costruire poi un racconto dentro il racconto.
C’è un aspetto ludico nella poesia della Martinez: in lei, come nella sua poesia, tutto si costruisce per lente e sospese sovrapposizioni (le poesie della Martinez vanno a costituire una specie di kit da ricomporre, alla stregua di tessere che chiedono di essere messe in ordine, poiché ciascun testo assembla analogie, allusioni e accostamenti linguistici che danno indiscutibilmente dei movimenti armonici ma che in prima battuta richiedono una sorta di omogeneizzazione attraverso una rivisitazione emozionale che è sempre presente, scrive Nicola Romano nella introduzione a . la bottega di via alloro .).
Elio Grasso nella nota introduttiva a (dietro l’una), dopo aver definito la sua poesia clandestina e resistente, afferma che Daìta dominata non è, né dai tempi né dal continuo faccia a faccia con la poesia, che paradossalmente contiene il trauma e la sua cura. Se un poeta deve spingersi oltre le proprie forze, anche a costo di lasciarci la pelle, lei lo fa. Se un poeta, se tale è, deve scrutare i propri spazi come un esploratore arcaico lungo il corso del Nilo, fino alle sorgenti, reali o fantastiche che siano, lei lo fa. Con questo viaggio lo spazio e il tempo si fondono in una ricerca che evidenzia l’evento di molte pagine, soprattutto là dove si ascoltano i rumori e le voci di una terra, di un suolo abitato.
E il legame con quella terra e quel suolo abitato è forte, come confermato anche dalla scelta delle epigrafi in cui vengono omaggiate due raffinate voci poetiche isolane: Ignazio Buttitta in (dietro l’una) (la gravidanza, li dogghi/ lu partu/ lu tempu esattu/ pi fari un figghiu/ e nasciri na puisia) e Emilio Paolo Taormina in .la bottega di via alloro. (più lieve/ di un petalo che cade/ la luna/un’ala sul tuo davanzale).
Una terra, quella siciliana, di cui la Martinez canta la bellezza e la disperazione, la gioia e il dolore (luccichìa (u suli!) avutu avutu/unta lu visu ri sta terra ca chianci, ride & murmurìa) , l’irrequietezza e lo stato di abbandono (diagramma obliquo sull’asfalto/ trascina attesa del passaggio/al desiderio opposto di toccarli/: gli occhi), senza mai scadere in un inutile lirismo e lacrimevole senso di appartenenza.
Ma a ben vedere il legame con quella terra e quel suolo abitato non si esaurisce nella sola indicazione dei luoghi amati. L’asprezza e la complessità di quei destini geografici si riflettono anche nelle scelte più propriamente stilistiche dell’autrice.
E Nicola Romano nella nota introduttiva a . la bottega di via alloro ., richiamandosi alle categorie dello pseudo futurismo e dello pseudo ermetismo, evidenzia tale aspetto e la natura eversiva della sua poetica – Perché pseudo-futurismo? Le parole della Martinez sembrano rincorrersi fra loro ma senza troppa libertà perché nella stesura trovano sempre un aggancio, un nesso comunicativo e sostanziale; pur tuttavia, i testi catturano il lettore con il loro aspetto visivo: sono mancanti di punteggiatura, con verbi scarni o assenti, presentano puntini, trattini di mezzo o bassi, titoli o frasi tra parentesi graffa, una “e” commerciale, come a voler mettere in atto una sorta di demolizione della sintassi tradizionale, tanto cara al fu Marinetti. Ciò nonostante, le atmosfere attraverso le quali la Martinez ci conduce sono molto fluide, ariose e pregne di dolce melanconia, per cui è da cassare l’effluvio futurista, che invece voleva un testo molto più agguerrito dal punto di vista dell’azione, e ancora, Perché uno pseudo-ermetismo? Beh, perché sappiamo che una caratteristica della poesia ermetica era l’uso frequente dell’analogia (come accostamento di situazioni e di oggetti tra loro lontani, fondato su un rapporto di somiglianza) e della sinestesia (come accostamento di sensazioni diverse avvertite simultaneamente, dovuta ai diversi e mutevoli stati d’animo), oltre a dire che il motivo centrale che accomunò gli ermetici fu pure il senso della solitudine disperata dell’uomo moderno che, perduta la fede negli antichi valori, non ha più appigli o certezze a cui ancorarsi. Ma pur ritrovando un sostrato di proficua solitudine nei testi della Martinez, essa non è condita da disperazione o da dissoluzione, anzi sembra che sia una condizione privilegiata per meglio comprendere se stessa e le valenze del divenire.
Dietro l’apparato minimale e frammentato dei suoi versi, la Martinez, ci regala un mondo dove dentro ci stanno la ricerca e l’emozione, la denuncia e i fatti di concretezza, ma prima di tutto l’irriverente semplicità della prima elementare creazione, scrive Elio Grasso in chiusura della sua nota. Un mondo in cui è bello perdersi lasciandosi prendere per mano, aggiungo io.
da (dietro l’una)
*
(così essere)
è l’omelia dei seni a stringere l’amaranto
dei fili gementi al suo nascere l’una
attimo sacro del vestire gonna
dentro sigilli di lacca il tempo di ieri.
il bordo inciso nell’attesa
implode nella lotta
e c’è un cassetto al calare del velluto.
lì!
disloca seme di grazia
ogni spigolo dell’incerto
e assolvi
nel contrasto
il fuggente sussulto delle acque.
(così essere)
.
*
(odore)
chiosa indocile del riposo.
linfa & stelo
verbo rigano
d’incompiuto (odore).
indigesta
azione sublimale.
confitta blandizia
d’arcuato fiore
credente amore.
*
(il quinto dito)
ha imbastito
pierrot
di schönberg
carillon.
morfosi
nell’involucro –
cassare.
lacca di cera stantia
in calesse prologo
di onde ramingo
lunare il solfeggio.
(il quinto dito)
a sud!
bizantino è il fiotto
rosone
sinistro trip rammendato.
timbro logico
marciato –
a calotta minore.
recide falange
inasprita aureola
di mandorla emendata
– narcotizzata doglia sull’asfalto –
*
(tabula rasa)
dischiuso
errore
sulla conca smagliata.
argina rostro
estrema rugiada
– elettrificata
– stantia
ingorda melanconia.
affusolato spasmo
di lampo gioito
– arrotolato
– sapiente
in glassa al suo mistero.
(tabula rasa)
ovvia mondata
sartia
sommersa.
*
(amarizza)
(amarizza)
supplisce
stu zuccaro ca camina
n’ttà li veni ‘mbriache
ri paroli & pinzeri.
(amarizza)
ruci ruci ri
cielu
vagnatu.
stidde luccichìano
n’ttà lu visu nicu nicu
ri stu spettru
scrianzatu
ammucciatu n’ttà li vrazza ri sta l’una addummisciuta.
(amarezza)
(amarezza) supplisce
zucchero in cammino
dentro vene ubriache
di parole & pensieri.
(amarezza)
dolce dolce
del cielo
bagnato.
brillano stelle
nel volto piccolo piccolo
di fantasma
screanzato
nascosto tra le braccia di questa l’una addormentata.
*
(nei giorni dei profani temporali)
sgrana placenta
boccio vermiglio
sull’uscio attratto.
edificato anelito
su ripiano votivo
nel fracco del boia
abbaglio accorda.
in estensione essente
doglie pendenti
sotto volta plumbea.
(nei giorni dei profani temporali)
 
da . la bottega di via alloro .
*
{ fiori dipinti }
avrei dovuto parlare di quello che non ho
quando il vento si abbassa sulla piazza
con le mani scorticate e il viso stanco
ho rubato
{ fiori dipinti }
per non morire pazza
così come una mandorla guarnita
e mi addormento sopra le lacrime
nel mezzo di questa pianta spezzata
 
*
{ c a v i g l i e }
la farfalla ha inghiottito le ali
squarciando il riposo dell’uomo
       : passaggio
di
labbra :

assorbono il sapore gli spilli
del cerchio lasciato nel sangue

      : soffoca
ora
l’alba :

coltivata nuda contro il taglio
dei limoni parlati dopo il canto
    : affilata
     la
    piena :
decisa di gola mentre il tinello
sillabava { c a v i g l i e } traghettando l’inizio
sulla cornice abbreviata
alle spalle dell’ultima sottrazione d’amore
*
{ capelli }
sterzata maglia
catino pigia
gravido accento
d’affrescato inganno .
fragore –
è di spilli conca al grammo
recisa mistura del filato piombato .
diluita bordata
cadenza trattiene
fibra sospesa
il reclinato piglio .
canapè –
rimira amplesso sgualcito
del dopo custode il timo spacciato .
devoto chignon
levigato attinge
solvenza iridata
d’acanto gabbato .
smagliato è il ciliegio sul naviglio di seta
e sibila frutto il vuoto paglierino sul fiordo più alto
sigillato il corallo dei
{ capelli }
aromatica ferita sull’oleandro
evapora appena uno stiletto d’arancio.
*
{ il ciliegio }
ideare il peccato
vena scarcerata – e oscillo
opaco fondale
di fuga –
cristallo | richiamo | corindone
califfo ribalta – e incarna
famelica summa
di ghiaia –
occhio | perpetuo | sparo sanguina ellittico
{ il ciliegio }
*
{ non di più }
io
è tutto un dentro il vagito
in quell’adesso sfregiato al tempio
mentre l’aria si addormenta emigrati gli infissi
che scendono sposa fuori dalle labbra
ammorbidite radica
: e penetreremo il tramonto
noi
divorando l’asprezza del collo
e il richiamo nell’assenza di maggio
sacrario di fianchi imbottiti tra odori asciugati
ripresi d’abbagli spiegati abbassando la notte
{ non di più }
vuotando negli occhi
 
Daìta Martinez nasce a Palermo.
Segnalata e premiata in diversi concorsi ha pubblicato in antologie con LietoColle, La Vita Felice, Mondadori, Akkuaria, Fusibilialibri, Ursini Edizioni, Il Soffio, Cfr Edizioni.
È autrice dei testi in video Kalavria 2009.
(dietro l’una) è la sua opera prima (LietoColle 2011), segnalata alla V Edizione del Premio Nazionale di Poesia “Maria Marino”.
. la bottega di via alloro . è il suo ultimo lavoro poetico, (LietoColle 2013).
Nel 2015 ha vinto il primo premio – sezione dialetto del 7° Concorso Nazionale di Poesia Città di Chiaramonte Gulfi.
È presente su alcuni blog letterari quali Poetarum Silva, Moti Convettivi, Niederngasse, Atelier Poesia, La casa senza tempo, Carteggi letterari, poesia2punto0, Imperfetta ellisse, larosainpiu.
È redattrice, insieme al torinese Salvatore Sblando, del lit-tle blog larosainpiu.

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