Poesia del nostro tempo presenta l’Archivio virtuale de L’Italia a pezzi. Antologia dei poeti italiani in dialetto e in altre lingue minoritarie.

Maurizio Mattiuzza è nato nei pressi di Zurigo nel 1965 e vive in Friuli dal ’76. È stato uno dei tipi di Usmis e un Trastolon. Ha pubblicato le raccolte di poesia La cjase su l’ôr (1997) e L’inutile necessitâ(t) (Kappa Vu, UD 2004) con note critiche di Luciano Morandini e Claudio Lolli. Da diversi anni lavora come paroliere e spoken poetry performer accanto al cantautore Lino Straulino, col quale ha realizzato l’album Tiere nere (Nota, UD 2001). Nel 2012 è uscito per La Vita Felice, Gli Alberi di Argan.

da Gli alberi di Argan
a si mour di màrtars amant l’amôr
(Amedeo Giacomini)
Si mûr par pôc, ancje par un nie,
insomp dal curidôr di un ospedâl
si mûr di alc, di un mâl ch’a no si sa
ce mâl che al è
si mûr parcè ch’a no si à
plui voie di restâ chì
a sintî bausiis, strenzi mans cence calôr
si mûr par strade, in fabriche
cirint il pan, la cjase, un cîl slargjât
da l’ amôr
o parvie ch’a si voleve
jessi miôr, di un altre bande
cuntune famee ch’a tignût dûr
si mûr lontans, lassâts
bessôi, magari drenti une machine ferme
platade ‘tun bosc di pôi
a trente agns, magari a trentetrê
o ancje dome parcè
che si sìntisi un claut tal profont
tocjant dut il schifo
ch’al è tal mont
si mûr par disi, cuntun biliet
ah jo sì, la vite le amavi tant
o crodint di vê vivût
masse di bant
vaint rispiet, pestant i puins
tal mûr
magari il vinars, tant che il Signôr
zigant che tant, ce vustu, a chest pont achì
a mi sastu ce ch’a mi freie
di vivi cussì
si mûr trancuii, tal jet dai vons
in mieç dal mâr, tal celest
dopo ve savût ch’a vin vût dut
d’imprest
si mûr incazâts ch’a‘nd ere ancjemò
robis di fâ, a miârs
e cumò, cjale, a nol è propit il moment
cualchit vecjo al mûr scuasit content
al par liberât
si mûr di vierte, d’unvier, d’istât
pene lâts in pension
dopo une vite di lavôr
e po a si mour
si mour, si mour
*
muore di martedì amando l’amore
(Amedeo Giacomini)
si muore per poco, anche per niente
in fondo al corridoio di un ospedale
si muore di qualcosa, di un male che non si sa
che male è
si muore perché non si ha
più voglia di restare qui
a sentir
bugie, stringere mani senza calore
si muore per strada, in fabbrica
cercando il pane, la casa, un cielo allargato
dall’amore
o siccome si voleva essere migliori, da un’altra parte
con una famiglia che ha tenuto duro
si muore lontani, lasciati
soli magari dentro una macchina ferma
nascosta in un bosco di pioppi
a vent’’anni oppure a trentatre
o anche solamente perché
ci si sente un chiodo nel profondo
toccando tutto lo schifo
che c’è nel mondo
si muore per dire, con un biglietto
ah si, io la vita la amavo tanto
o credendo d’aver vissuto
troppo per nulla
piangendo rispetto, tirando pugni
sul muro
magari di venerdì, come il Signore
gridando che tanto, cosa vuoi, a questo punto qui
sai a me cosa frega
di vivere così
si muore tranquilli, nel letto dei nonni
in mezzo al mare, nell’ azzurro
dopo aver saputo che abbiamo avuto tutto
a prestito
si muore incazzati che c’erano ancora
cose da fare, a migliaia
e adesso, guarda, non è proprio il momento
qualche vecchio muore quasi contento
sembra liberato
si muore di primavera, d’inverno, d’estate
appena andati in pensione
dopo una vita di lavoro
e poi si muore, si muore,
si muore
QUESTIONARIO
1. La preghiamo di indicarci i modelli di riferimento (italiani, della sua lingua, stranieri) della sua poesia, dove questi studi e letture l’hanno portata all’individuazione del suo stile.
Più che modelli di riferimento ritengo di avere delle zone di contiguità con certo ermetismo e poi con i poeti della beat generation e la grande tradizione della poesia dialettale del ‘900. Grande fascino hanno per me anche gli autori dell’area Balcanica e Greca A far dei nomi si rischio sempre di lasciar fuori qualcosa di importante però ci provo lo stesso… Ungaretti, Gregory Corso, Pasolini (soprattutto quello delle poesie in friulano), Calzavara, Amedeo Giacomimi, Luciano Morandini, Izet Sarajilic, Kostantinos Kafavis, Ikmet. Mi interessa molto anche il patrimonio lirico della musica popolare e poi l’uso della parola fatto dai cantautori e da certi autori di musica rock. Claudio Lolli (anche nella sua recente produzione da poeta), De Andrè, Bob Dylan, Michael Stipe dei REM….
2. Ci sono differenze significative tra la sua produzione di poesia in “dialetto” o nella sua lingua, e quella in italiano (se presente)?
Non ci sono più grosse differenze io credo. Ce n’erano di più in passato, quando affidavo alla lingua friulana e al dialetto un certo ambito più “narrativo” e alla poesia in italiano anche dei temi più astratti, se mai ne ho avuti. Ora mi pare che questa faglia si sia chiusa.
3. Con quali poeti contemporanei (della sua area linguistica, italiani, stranieri) intrattiene un dibattito costruttivo? Con quali ha semplicemente condiviso un percorso di gruppo (blog, riviste, associazioni) o di scambio di opere letterarie? Quali poeti l’hanno colpita di più?
Ho rapporti stabili con molti autori, primi tra tutti quelli com cui ho condiviso anche esperienze di azione poetica vera e propria come i Trastolons, gruppo del quale sono stato anche un fondatore. Con Stefano Moratto, Raffaele Lazzara. Guido Carrara, Lussia di Uanis e Fabian Riz c’è stato e in parte ancora c’è un lungo percorso culturale che si è fondato sul desiderio di immettere “temi contemporanei e pure spinosi, di protesta” nella produzione letteraria friulana usando una lingua a tratti ibridata. Nuova. Ho descritto quest’esperienza in un articolo apparso a suo tempo per la rivista PaginaZero letteratura di frontiera (http://www.rivistapaginazero.net/).
L’articolo, ripreso poi dalla rivista “L’Ulisse è scaricabile su: .
Ho avuto ed ho molti scambi con autori delle altre minoranze linguistiche italiane e sud europee, che sono culminati con l’organizzazione di 3 edizioni del festival letterario Cuntorni (nella quale sono coinvolto come membro del comitato di direzione artistica), festival che ha visto la presenza di alcune delle voci più interessanti della letteratura contemporanea Corsa (Marco Biancarelli), Sarda (Marcello Fois, Alberto Masala),
Occitana e Catalana (http://pourunelitteraturecorse.blogspot.com/2009/09/cuntorni-2009-portivechju.html).
Sono inoltre membro del gruppo di lavoro che si riconosce nell’esperienza del festival di poesia Flussi Diversi.
Una manifestazione annuale dedicata alla letteratura nelle lingue della comunità di Alpe Adria che si svolge annualmente a Caorle con la partecipazione di autori come Andrea Zanzotto e Patrizia Valduga (http://flussidiversi.jimdo.com).
Lavoro anche con il progetto “Acque di Acqua” un festival di poesia itinerante che, ormai da 3 estati, tocca oltre cinquanta piazze tra Friuli, Veneto, Trentino Alto Adige, Slovenia, Austria e Repubblica Ceca ).
In questo percorso ho scambi con autori come Francesco Tomada, Giovanni Fierro, Giuseppe Mariuz, Giacomo Sandron, Marina Moretti, Ivan Crico, Erica Crosara e molti altri.
Ho inoltre scambi di vedute e reading con autori in lingua italiana dell’area veneta come Roberto Cogo e Stefano Guglielmin (http://golfedombre.blogspot.com/) e con alcuni autori dell’area balcanica a me più prossima geograficamente come Josip Osti e Sinan Guždević
4. Quale l’immaginario o le immagini più diffuse, nella sua opera dialettale o nella sua lingua? Ci sono differenze tra l’immaginario che usa nella sua lingua e quello delle sue opere in italiano o in prosa (se presenti)?
Non vi sono differenze sostanziali tra l’immaginario che sottende la mia opera poetica in lingua italiana e friulana o in dialetto della bassa Valsugana che sono tutte e tre spesso riconducibili ad un ambito che tenta di cogliere in versi e catturare in immagini ed emozioni la trasformazione antropologica e culturale a cui è sottoposto oggi tutto quel tessuto umano e politico che si era formato nel nord est italiano attraverso la fusione tra civiltà contadina e la classe operaia (spesso emigrata nelle grandi città o all’estero ). Una mutazione che si è fatta anche trasformazione del territorio e delle lingua che lo descrive.
Un altro aspetto presente nella mia poetica e di certo il viaggio, inteso sia come partenza o ritorno, ma pure come incontro e permanenza altrove, un andare che si fa scoperta e mistero, anche fisico.
Nel mio immaginario vi è poi molto spesso un riferimento al territorio ed alla dimensione sensuale della natura che è madre e terra e quindi fonte inesauribile di vita e seduzione.
Questo immaginario è presente, anche se forse in misura un po’ meno netta, anche nella mia opera in prosa.
5. Quali teorie (estetiche, politiche, etiche, critiche, etc…) sono presenti all’interno della sua poetica? Il suo modo di lavorare a un’opera di poesia (il processo formativo che ha usato) è stato influenzato da queste teorie? Se sì, può descrivere anche le modificazioni della sua scrittura/operatività in poesia, nella sua lingua o “dialetto”, nel corso degli anni?
Domanda difficile. Credo che una certa estetica diciamo così “essenziale” di derivazione ermetica abbia influenzato la mia scrittura degli inizi per poi fare spazio ad un ritorno un po’ “neorealista” diciamo. Per quanto attiene alle teorie politiche credo che abbiano influenzato spesso la scelta dei soggetti, le storie da cantare, che sono anche storie operaie e post- contadine, parole di gente che soffre i processi di nuova povertà e di estraneamento che una cultura tutta volta all’efficientismo e allo spettacolo, come quella contemporanea porta purtroppo con se. In questo gioca un ruolo principe anche la scelta conscia ed inconscia della lingua minore, del dialetto, come strumento e simbolo che narra anche una resistenza al livellamento culturale e allo strapotere televisivo che spesso narra un mondo ad una sola dimensione.
6. Il suo modo di scrivere nella sua lingua è rappresentativo del parlato della sua area di appartenenza (paese, città, provincia, regione)? Quali le differenze con il parlato? Ha introdotto altre lingue/linguaggi/codici/segni nella sua opera in dialetto o lingua? Ha recuperato espressioni linguistiche arcaiche?
Si, la variante da me usata è quella della mia area di appartenenza.
La differenza con il parlato ovviamente c’è, ma non è molta, in quanto ho sempre voluto usare una lingua poetica il più possibile aderente alla lingua viva, praticata.
Nelle mio scrivere ho di certo introdotto diverse esperienze in altre lingue (forse primo autore a farlo in Friuli) andando a contaminare il mio friulano con l’inglese ed il tedesco.
7. In percentuale, quante persone pensa parlino in dialetto/lingua nella sua area di appartenenza (paese, città, provincia, regione)?
Direi un buon 60%.
8. La sua regione presenta leggi di tutela del suo dialetto/lingua o supporta le pubblicazioni con qualche legge? E’ in grado di illustrare queste leggi (o dare i loro riferimenti)? Quale il dibattito culturale e politico a proposito?
La lingua friulana è tutelata dalla legge statale 482/1999 e legge regionale 15/1996 nonché dalla legge regionale 18 dicembre 2007, n. 29 che istituiscono anche gli organi preposti all’unificazione della grafia e alla promozione della lingua e cultura friulana.
Il dibattito politico e culturale attorno a questi temi (al quale partecipo a volte con articoli e/o commenti sulla stampa e sul web) è molto vivo e articolato, soprattutto per quanto attiene all’introduzione del friulano come lingua veicolare nella scuola per qualche ora alla settimana.
(Visited 364 times, 1 visits today)