Benvenuti.

Questo appuntamento mensile vi permetterà di conoscere alcuni dei poeti che si dedicano al Poetry Slam e alla poesia orale, di leggere i loro testi e di vedere i loro video.
Il Poetry Slam è una disciplina che vede il poeta, lo Slammer, recitare i propri testi dal vivo avendo a disposizione un palco, il proprio corpo e tre minuti per esprimersi. Una giuria scelta a caso tra il pubblico valuta il testo e la performance e vota il vincitore. Lo spirito è quello del confronto col pubblico e con se stessi; “Il miglior poeta non è quello che vince” è il motto della coppa del mondo di Poetry Slam di Parigi.

 

LORENZO BARTOLINI

Lorenzo porta la poesia nei teatri e il teatro nella poesia. Arricchendo entrambe.

 

Lorenzo Bartolini scrive canzoni, monologhi e poesie.
Dal 2004 è cantattore dei Formazione Minima, duo di teatro-canzone.
Fa spettacoli di teatro-poesia in solitaria o in compagnia.
Fa monologhi e reading.
Tiene corsi di Scrittura A Voce Alta.
Hanno inserito le sue poesie nel programma di studi di Lingua Italiana alla Duke University (USA), Department of Romance Studies, Fall 2016.
Ad Aprile 2017 è uscito il suo primo libro di poesie, “Senti cosa ho scritto”, per Miraggi Edizioni.
Nel 2018 è relatore al Convegno “Crescere attraverso il Teatro” dedicato a Gianfranco Zavalloni.
Ha una rubrica su YouTube dal titolo “ESPRESSO POESIA”.
www.lorenzobartolini.com

 

-Tapis roulant
-Anna-zio
-Mano pesante
-In ferie con Dio

 

TAPIS ROULANT

Ho deciso
sì, faccio il passo
vado in palestra
che sono grasso
c’ho l’adipe
in ammasso
attorno alla vita
ho deciso
col Sangiovese
(per un po’)
faccio finita
e anche la pasta
(per un po’)
basta.
Insomma son lì che corro
sul tappeto
rullante
mi guardo attorno
vedo la gente
impegnata
sudata
concentrata
che c’è da smaltire il grasso
tutti quanti
col problema dell’ammasso.
Alzo in su
lo sguardo
al teleschermo
della TV
che serve
a chi corre, a chi va in bici
da fermo
che se ci si pensa bene

guardarsi
da fuori
tutti insieme
fa un certo ridere

fa ridere, certo
ma comunque anch’io
lo faccio
mi caccio
sul tappeto rullante
e corro
da fermo
fra l’altra gente
come me
deficiente.
Insomma mentre corro
per distrarmi
per far passare il tempo
che sul tappeto
va lento
guardo la TV
in su
la Rai sportiva
che non si sa perché
oggi
mi arriva
con un servizio strano
che non c’è nessun pallone
da dargli i calci
o da colpire con la mano
insomma mi va in onda
un servizio
sulla malnutrizione dei bambini in Africa e il cameraman è bravo
a usare quell’aggeggio fa le zoomate giuste sugli occhi incavati
dei bambini e sulle costole che sbucano fuori più fuori di quanto
dovrebbero e io non sono pronto a immagini del genere che sono lì
come uno stupido sul tappeto e vicino c’ho una bionda che c’ha

una voce tonta che parla con un avvocato delle ferie imminenti e
io non sono pronto ma continuo a guardare e i bambini neri nei
fotogrammi son magri più magri di quel che si dovrebbe che si
potrebbe e mi viene su il magone e le mosche girano intorno agli
occhi dei bambini sembrano bere le lacrime perché i bambini
piangono e piangono e allargano la bocca e sono tutto denti tutto
occhi che hanno fame una fame più fame di quanto dovrebbe
avere un bambino che non è possibile non si può essere non si può
fare che mi si strappa qualcosa e per un attimo sposto gli occhi dal
teleschermo e vedo i vicini che corrono da fermo e mi accorgo che
anche loro hanno visto e subito prima di subito distolto lo sguardo
per non subire nel cervello il botto come un petardo e allora
anch’io codardo distolgo
mi calmo
non ritorno
sullo schermo
smetto di guardare,
respiro
provo a continuare
a correre, dimagrire
ma è come se qualcosa
mi tirasse, mi chiedesse, pretendesse
l’attenzione
la televisione
e di nuovo guardo
hanno cambiato
canale, meno male
e invece no
meno male niente
che ora c’è un ministro
che parla e ringhia
aspetto sinistro
e quasi sbava
dice parole
a caso
mi bruciano
come lava

dice mare
tornare
non aprire
casa loro
lavoro
rubare
che poi vogliono dire
affogare
morire.
E io
qui sopra
da solo
io
vergognare.

 

ANNA – ZIO

Giornata dura
di corsa.
Lavoro – uno yogurt – lavoro.
Torno a casa.
Venerdì.
Che gusto
la strada di
campagna
col sole
a mezza via.

Stasera viene
l’Anna.
Suonano. E’ arrivata.
Sono al computer,
spengo e vado giù.

“ecco, vai un po’ dallo zio”
Morbidina, tutina rosa.
Capelli soffici, lunghi,
con l’odorino.
La mamma le ha fatto il bagno.
La porto in giro per casa:
su e giù
per le scale.
Cambio piano.
Su e giù.
E’ piccolissima.
La tengo
nella sua posizione.
Se mi fermo
piange.
Se cambio posizione
piange.
Non mi fermo e
non le cambio posizione.
Lei guarda.
Le piace stare fuori
all’aperto.
Apro la porta,
esco.
Le parlo.
Camminiamo sotto gli alberi.
Ha il singhiozzo,
ha mangiato da poco.
Fa tutti i versetti.
Mi piace.
Il suo mondo
il suo sguardo
i suoi suoni.

Una settimana di lavoro,
pesante.
E lei in un quarto d’ora
mi fa
nuovo.
Lava via.
Mi ripulisce.
Profuma di buono.
Lei che ha bisogno di tutto
mi ha dato
tutto quello
di cui avevo bisogno.

 

MANO PESANTE

La mia ragazza
ha
mano pesante.
Ha dita grosse
lunghe
che se accarezza
arriva forte
in faccia
in testa
che senti il peso
del cuore,
ti cambia
umore.
Mi
cambia
umore,
è la mia
ragazza,
non ci provare.
Mano pesante
la mia ragazza
occhi di
luna
grandi
occhi importanti
di luna storta
e invece
non s’incazza
mai
la mia ragazza.
E’ dolce
è pazza
mi balla intorno
mi mostra il culo
salta
con le ciabatte
inciampa e poi
sbatte
e
ride
ride di gusto
ride dentoni
a tutta bocca
poi fa la
sciocca
si diverte
tutta.

E’ grazia
la mia ragazza
mitezza
gioia del
buono,
suono
appoggiato
voce leggera
canto fresco di
primavera.
Mano pesante
faccia d’amore
volto umano
di
girasole.

 

IN FERIE CON DIO

Siamo stanchi
io e Dio.
Io
la città m’ha
stressato
Dio
là in città
m’è
sparito!

La città
mente
fa un Dio
assente
un Dio niente
che non si
sente
un Dio smunto
vinto, spento
un Dio unto
dagli odori
dai gas
dagl’olii
tossisce rauco
e quel che
ne vien fuori
è un vento caldo
un vento puzza
di gente in
piazza
sudata, ammassata
sfiancata
e lì Dio ha
voce
malata
non parla
respira
sotto
respira male
è un Dio
costretto.

E allora
io e Dio
prendiam su
la mia Punto a
metano
e me lo porto
sui monti
lontano.

Eccolo dunque
in alto
eccolo
grosso
eccolo
masso
eccolo
tutto:

il monte
è petto
con cui
s’impone
da cui
dispone
respira forte
respira vento
ti soffia in faccia
la schiaccia
ti entra
dentro
diventa vita
diventa fame
legame
poi si fa mucca
cacca di capra
e
marmotta
si fa cavallo
ti guarda vero
con occhio nero
ne sfiori il muscolo
il pelo
si fa perfetto
si fa
tocco
è un Dio
animale
si
manifesta
fa
festa
mi entra
in
testa
la testa mia
la sua
è un Dio
terra
corpo
cuore
si fa
poesia!

 

La rubrica Slammer è a cura di:

Paolo Agrati è nato nel 1974 a maggio. Oltre alla scrittura e alle performance dal vivo, si dedica al canto nella Spleen Orchestra, band che ha fondato nel 2009. Numerose le sue partecipazioni a manifestazioni internazionali tra le quali il XXIV Festival della Poesia di Medéllin, il XXXIII Festival di Poesia di Barcellona, la World Slam Cup di Parigi e il IV Portugal SLAM. Nel 2018 partecipa alla Poefesta di Oliva in Spagna e al MIAMI music Festival di Milano. Ha pubblicato le raccolte di poesia: poesia Partiture per un addio (Edicola Ediciones 2017)  Amore & Psycho (Miraggi Edizioni 2014), Nessuno ripara la rotta (La Vita Felice 2012), Quando l’estate crepa (Lietocolle 2010) e il libriccino piccola odissea (Pulcinoelefante 2012).

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