Nati negli anni Ottanta è un progetto a lungo termine che ha l’intento di riassumere e catalogare le esperienze poetiche individuali o collettive portate avanti da autori nati in Italia tra il 1980 e il 1989. Si tratta di poeti cresciuti letterariamente in ambiti e contesti diversi e dunque legati spesso a modi di intendere il discorso in versi del tutto differenti. Per segnalare i libri dei poeti nati negli Ottanta scrivete sul form di contatto.

 

Maria Borio, nata nel 1985, si è laureata in Lettere ed è dottore di ricerca in Letteratura italiana. Ha scritto su Vittorio Sereni, Eugenio Montale e diversi poeti contemporanei, e ha pubblicato la monografia Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra 2013). Cura la sezione poesia di «Nuovi Argomenti». Sue poesie si leggono nel «XII Quaderno di poesia italiana contemporanea» (Marcos y Marcos 2015). Ha pubblicato la plaquette L’altro limite (pordenonelegge-LietoColle 2017) e una raccolta nella collana «Lyra giovani» di Franco Buffoni (Interlinea 2018). Ha pubblicato il saggio Poetiche e individui (Marsilio, 2018).

 

La fotografia dell’autrice a inizio articolo è stata realizzata da Dino Ignani.

 

Poesie tratte da L’altro limite

 

SETTIMA SCENA

Stendevamo le mani contando
i bordi di pelle incrinati.
Questa è una scena visibile
dietro una parte di me che indietreggia,
si sorregge la luce insieme
la carta e il digitale, ti sorreggi
consegnato alla portafinestra
e mi apri uscendo sopra il gelo.
Questa è una seconda scena
che mi lascia creatura tra gli uomini,
tu uomo tra le creature che degradano –
il balcone, la condotta di rame, i grovigli delle nuvole,
una sagoma parlante.
Nella terza scena parliamo immobili
attraverso uno schermo nell’etere
particelle o nella sottospecie di materia,
gli atti che chiamano linguaggio
o il linguaggio vero, sinuoso, incosciente.
Posso dirti
il tempo reale, nel tempo reale puoi
dirmi, accecati dalla luce digitale,
la fortuna di saper aprire
una quarta scena
dove entrano i frammenti degli altri
e noi ricomponiamo barricandoci
a un orario e a una parola –
le notizie rosse e irreali
sono scese dietro l’orizzonte,
un attimo al mondo per diventare –
quando nella quinta, sesta, settima scena saranno
il postino o l’uomo del pub
o tuo padre persino e mia madre
sempre più in sé sprofondati.
Così alla quinta scena ero tornata nel segreto
e l’avevi cancellato per un mondo
che entrava nella stanza allontanandosi.
Poi alla sesta scena eravamo in una semplice fila
alla stazione, con gli occhi e una banconota
piegati tra la mano e il tavolo –
un affidarsi, un rispettare.
Alla settima scena torno e respiro
nell’irrealtà prodotta dello schermo dei colori
del viso e della voce,
lontani e accesi, collisioni, temperature, frenetici
mentre il puro pensiero di me
non è più me
ma lo conservi, e i famelici ostacoli
di una lotta per il nostro posto
sono accidenti,
tempeste.
Un suono di gola, primitivo:
la trasmissione del niente è all’altrui niente –
la settima scena di noi è il settimo giorno,
la vita che vogliono rubare
bianca è nuda.

 

 

***

 

 

è quasi pronto, sta per passare
la vita nell’aumento
della proprietà con un distacco, una ricompensa
fedele a sé, solo il giglio viola dal prato
non vale perché dura un giorno.
Potrebbero vederlo dalle finestre di notte,
se volesse potrebbe
consumarlo, riaffilarlo la gente
come la punta di una matita.
Questo essere soli è essere di tutti,
il corpo ha odore, la proprietà ha odore,
l’affezione per una donna
che non ha odore, non ha proprietà
rientra nel cliché.
Lo descrivono come si racconta
la vita degli altri o si immagina
inesistente.
La storia dei prodotti
così viva nel minuto
che milioni cercano
la stessa parola, non lo sanno, lo fanno,
lui è il blog, il vlog, il tube
della proprietà isolata di sesso
maschile su cui appoggerebbe la testa
una donna di sesso femminile.
La casa senza io gli altri l’accumulo
degli anni e solo
la felicità del processo, non del fine.
Potrebbe vederlo la gente
nella stanza a volte con il suo odore
e anche lei
che gli è madre vicino
abitualmente avendo speso insieme
una vita.
Si dorme in due.
Si stava immaginando nelle case
degli altri.

 

 

 

 

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