Dalla Prefazione di Vanni Santoni

“L’apertura della prima poesia, e quindi del libro, (…) ci porta subito nel più puro immaginario matteoniano, che è quello che sgorga dalla ragazzina la quale, già ricolma di suggestioni silvestri, incamerate ma ancora non digerite e sublimate, leggeva magari i Books of magic di Gaiman durante un soggiorno a Londra, fondendo ciò che già sotto sotto sapeva della realtà con le suggestioni elaborate dal popolo che, più di ogni altro (e con buona pace di altri popoli non meno magici ma dagl’inglesi inesorabilmente sottomessi o colonizzati), ha saputo stabilire nelle proprie lettere un rapporto con la dimensione magica del mondo, al punto di saperla integrare anche col resto – con l’arrivo della rivoluzione industriale, con la campagna ormai antropizzata, coi tetti delle città. Tetti che riescono, così, a non escludere, con la loro esistenza, la possibilità di un emergere, sulla terra, di orecchie di coniglio, o di lepre, a perdita d’occhio.”

 

da Libro di Hor (Vydia 2019)

1.

Camminavo al mattino sullo strapiombo

ogni tanto guardavo indietro –

le cose più belle erano i tetti

appuntiti come le fiabe, vicini

come il mantello di una creatura strana,

addormentati –

sotto le tegole correvano i ghiri.

Camminare porta sempre da qualche parte

per esempio all’invisibile

dove è nebbia e canneti

dove è fumo e pianeti

dove non sai finché non tocchi

un sasso scheggiato, un vetro

di lanterna rotta.

Dove le case abitano persone, ma le persone

turbinano nel loro passato come la neve

e poi non c’è più nessuno.

Si trova dell’acqua ghiacciata

con delle ali dentro.

Alberi che sono ramoscelli di saggina.

Acquitrino dove l’inverno lava i suoi ossi,

le sue bacche brune, le bocche

dei suoi animali senza piume.

È tutto un segreto il silenzio

per non perdere il senno. O il sogno.

Alcuni degli altri mi videro

risalire per una scogliera

ripida sul mare, ma il mare

era lontano

come il rimpianto, la veglia, l’umano.

Indossavo gli scarponcini dei viaggi

nella tasca la mappa di quando ero bambino.

Restavo sul lato senza sole della montagna –

il muschio scopriva le rocce

scuciva le nuvole nel pensiero.

Scendevo per un sentiero.

 

2.

Pozzo

Sulla terra, orecchie di coniglio.

Dritte, chiare.

Nelle orecchie di coniglio un suono

metallico scardina travi

verso una luce sul fondo.

La luna si appende a un ferro

che sporge nel pozzo.

Dentro la luna il coniglio

che corre senza terrore.

Dentro il terrore la lingua.

Sotto la lingua il paesaggio

si srotola nell’alfabeto.

Cresce una treccia di sillabe

alla finestra antica.

Poiché nulla resiste là fuori,

una teca d’oceano o di vento –

poiché il tempo è una fossa in salita

la bambina-coniglio è fuggita.

Un tanfo di fegato e d’ossa

raschiate da piccole dita.

 

 

3.

La trasmutazione degli alberi

Ero la casa grigia, l’antenato, l’Appennino.

Castagno chino alle stagioni

pelle primitiva, corteccia, spina

che penetra e resiste nelle guerre.

Ero la te bambina, dietro il campo dei morti.

La foglia sulla testa o nel paniere –

secolare e lenta la mia tribù parlava

sollevava le radici quasi a cingerti, solitaria.

Un giorno mi sono incamminato –

era il tempo dell’albero sognato

quando l’albero dettava le mappe agli animali.

Sono sceso a valle, perché vivere

è trasmutare, trovare l’altro

sull’argine del fiume. Difendere.

Il mio tronco dall’acqua fluisce

scurisce di rami e di schiume.

Dentro me hanno piume la pietra

o l’onda nero-argento della trota.

Non temere se il posto è sconosciuto

come ogni cosa viva torna bosco.

Le prede. Le ceneri. Le strade. E tu.

Sanguina dalla corteccia, seccati

nel terreno, applica

sulle ferite un estratto d’ontano.

Quando gli occhi si stregano impara

a sapere la riva con la mano.

 

Francesca Matteoni (Pistoia, 1975) ha pubblicato libri di poesia, fra cui Artico (Crocetti 2005), Tam Lin e altre poesie (Transeuropa 2010), Appunti dal parco (Vydia 2012); Nel sonno. Una caduta, un processo, un viaggio per mare (Zona 2014); Acquabuia (Aragno 2014). Nel 2019 è stato pubblicato Libro di Hor (Vydia) con i disegni di Ginevra Ballati.

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