La rubrica Laboratorio di Poesia, a cura di Alfonso Maria Petrosino, esce di venerdì su ‘Poesia del nostro tempo’. Vengono commentati i versi degli aspiranti poeti del Laboratorio online e scelta la poesia della settimana.
Le poesie di Luigi Finucci instaurano una certa distanza. Non a caso compaiono numerose occorrenze della parola “eco”. Che si parli di erba o rugiada, stelle o betulle, scale o finestre, pioggia o pedoni, c’è sempre sullo sfondo un’incertezza di sfumato leonardesco. I guizzi sono affidati agli enjambement (eppure ora vedo tante case con una persona / sola… o avevo sepolto le parole che non ci siamo / detti…) e all’inserzione tra parentesi quadre di versi sospesi come teatrali a parte.
Eliana Ramponi, argentina, invia tre poesie nel suo idioma; sebbene il mio spagnolo si riduca a “Una cerveza por favor” e “Besame mucho”, non ho potuto non apprezzare l’amore, la morte e le misteriose rinascite (todo el cuerpo caía como una cascarita) che nei suoi versi sono messi in scena. Apparizioni di fantasmi (nos despertaba el ruido del piso de madera / que crujía / los pasos de un ser invisible) e miracoli domestici (La medianoche de navidad / abrias las canillas del baño / y llenabas de agua fresca, / una palanganita blanca / me decías que era agua bendita / y no me importaba si lo era / yo me lavaba la cara y me creía bendecida) aggiungono un non so che di religioso e magico.
La poesia della settimana è di Francesco Guazzo. I suoi versi abbondano di “come”, come (per l’appunto!) se fosse alla continua ricerca di una spiegazione verbale di quello che accade, e constatasse quanto imprecise siano le parole e vuote (cfr. le presenti e mie). Un’umanità in lieve rovina e la svanita infanzia offrono, se non un ragionamento, un assaggio di apocalisse.
Non ho più avuto un gesto,
dopo che la partenza
si era fatta attesa del semaforo,
e mi addormentavo pensando,
perché si cambiasse luce,
ed era come se la gente
avesse cominciato ad accalcarsi,
in farmacia,
io a buttarmi sulle strade,
guardando le stelle e il cielo,
facendo liste delle cose
che non serve fare,
a chiedere di fretta
– quanto viene una rosa? –
e in molti ai tabacchi,
a grattare sui tavoli con le monete,
o a preparare i mozziconi
del significato, e – tu –
poi tutti a chiedere – tu
come ti vesti
per la fine di ogni cosa? –
 
Alfonso Maria Petrosino ha pubblicato tre libri di poesia, Autostrada del sole in un giorno di eclisse (Omp, 2008), Parole incrociate (Tracce, 2008) e Ostello della gioventù bruciata (Miraggi, 2015). La sua poesia, che descrive luoghi e situazioni in relazione a un paesaggio urbano e all’umanità che lo abita, si avvale di una metrica precisa e raffinata. La redazione di Poesia del nostro tempo ha scelto Alfonso Maria Petrosino per impersonare la figura del maestro, capace di leggere attentamente e suggerire soluzioni, anche ai neofiti della poesia, proprio per la sua capacità di aderire sia al “canone”, alla tradizione, che frequentare i nuovi palcoscenici della poesia, dagli happening e performance al poetry slam, essendo stato campione indiscusso di queste scene per molti anni.

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