Laboratorio di Poesia, a cura di Alfonso Maria Petrosino, esce di venerdì su ‘Poesia del nostro tempo’. Vengono commentati i versi degli aspiranti poeti del Laboratorio online e scelta la poesia della settimana.
Tra ecfrasi e punto di partenza per nuove ispirazioni, molte poesie di Daniella Bardelli prendono le mosse da altre opere d’arte, che sia un concerto di Ernst Reijseger, una canzone dei Radiohead o la Cappella Rothko, e citano autori come Carroll, Kerouac e Artaud. Il procedimento formale ovunque riscontrabile è la ripetizione a tratti ridondante, per anafore, epifore e anadiplosi. Due campioni: “Mi metto una fascia- / la mia mano come una fascia / sugli occhi- / per non vedere e non sentire- / mi metto una fascia / faccio con le mani una fascia” e “Ha un pensiero / che nessuno / sa- / che nessuno immagina- / una sola parola / che nessuno pensa- / è l’uomo dalla lingua mozza / dal cervello strappato- / una sola parola gli è rimasta.” Più leggere e profonde sono invece le descrizioni che vertono su animali (un airone, cani) o persone, sia sconosciute incrociate sugli autobus che care e riapparse nella memoria.
Punteggiatura assente, eccezion fatta per alcuni punti di sospensione a inizio di verso, spazi bianchi che si infiltrano all’interno del verso dilatandolo e grandi ellissi che possono spingersi fino all’accostamento quasi ideogrammatico (Levatrice di se stessa / stelo inconsapevole madre e cenere / radice e cielo spina neo / che si insinua restare sveglio senza / scosse continuare metamorfosi / vivere senza un battito che / ti perdoni) sono alcuni dei tratti formali delle poesie di Luca Chiarei. Nonostante l’efficacia immediata di alcune formule (non posso voltarmi avanti / l’aria richiede un lavoro precario) sono versi che richiedono decantazione.
La poesia della settimana è di Antonella Iacoli, un trittico su una gravidanza gemellare; leggendolo non ho potuto non ripensare alla Kathe di Roché, che aveva due figli, per lei entrambi unici. Qui le parole proiezione ed ecografia collaborano con terrore e desiderio per tenere in equilibrio la parola cuore tra il lessico anatomico e quello lirico.
Portava la madre la proiezione
di sé al parto gemellare
oscillava la lanterna sul vivo
dei due volti simmetrici
per distinguere chi amare
per primo.
—
Partoriva la madre
l’ecografia del terrore
di separarsi due volte
dai battiti del cuore
e per due volte cadere
fuori luce.
—
Dirselo una volta per tutte
il desiderio la povera cosa
quando fuori gli sguardi
lavavano i bicchieri
e il fumo ricopriva
i vecchi baci.
Alfonso Maria Petrosino ha pubblicato tre libri di poesia, Autostrada del sole in un giorno di eclisse (Omp, 2008), Parole incrociate (Tracce, 2008) e Ostello della gioventù bruciata (Miraggi, 2015). La sua poesia, che descrive luoghi e situazioni in relazione a un paesaggio urbano e all’umanità che lo abita, si avvale di una metrica precisa e raffinata. La redazione di Poesia del nostro tempo ha scelto Alfonso Maria Petrosino per impersonare la figura del maestro, capace di leggere attentamente e suggerire soluzioni, anche ai neofiti della poesia, proprio per la sua capacità di aderire sia al “canone”, alla tradizione, che frequentare i nuovi palcoscenici della poesia, dagli happening e performance al poetry slam, essendo stato campione indiscusso di queste scene per molti anni.
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