Laboratorio di Poesia, a cura di Alfonso Maria Petrosino, esce di venerdì su ‘Poesia del nostro tempo’. Vengono commentati i versi degli aspiranti poeti del Laboratorio online e scelta la poesia della settimana.

 

Forse perché in origine si tratta del nome di una ninfa, infelice per di più; forse perché designa un fenomeno acustico che di per sé si presta a risonanze poetiche; fatto sta che la parola “eco” sembra godere in poesia dei privilegi di un imbarco prioritario. Così anche nei versi di Massimiliano Città (E ho le labbra in un’eco lontana / dell’ennesima voce smarrita o ancora il latrare di cani / annoiati / si perde nell’eco / ripetitivo / dei treni in corsa / che sferragliano oltre la siepe). Altri marchi di deliberata poeticità sono l’anafora insistita (nei trentatré versi di cui consta Ballata per una lacrima il sintagma ho memoria di compare sette volte; nei quindici di Ho smesso l’amore il titolo è ripetuto altre cinque volte) e l’uso senza complessi della parola “vita”.

 

L’io in poesia pare che sia un problema. La settimana scorsa già abbiamo visto quanto il mito di Ulisse sia versatile. Alfonso Canale intitola odisseo un testo in cui si interroga sulla sua propria e sul concetto stesso d’identità, a partire dall’ingannevole, ma in fondo poi non così falsa risposta che Ulisse diede a Polifemo; nessuno viene declinato in numerosi casi che allegramente disorientano. In genere i suoi versi prediligono la generosità dell’accumulo alla compostezza della composizione; in soldoni, c’è forse troppo e la quantità rallenta l’estrazione di perle come la seguente: … quando / ti spogli, ti vesti dei nostri occhi?

 

La poesia della settimana è Casa di Riccardo Giuseppe Mereu: portandomi con me la mia radice ha la felice ridondanza pronominale dell’undicesimo verso di RVF, I. Vento, sale, sole, sabbia e l’incalzante mare sono emblemi di un blasone assoluto che sublimano un altrimenti sterile autobiografismo, ovvero quando l’archeologia troverà qualcosa più che di Mereu i reperti parleranno della Sardegna.

 
CASA
 
Io non sono nato qui, nacqui altrove
all’incrocio di vento e sale, ne ho
le prove in mezzo al mare,
sotto un sole più sottile della luna;
ogni estate torno lì, dov’era il seme
portandomi con me la mia radice.
Ho visto ciò che mancava domani,
l’archeologia ritroverà qualcosa:
una menta con acqua minerale
quasi fatta solo di paesaggio,
le vecchie ferrovie della Sardegna
a scartamento ridotto naturale,
cartoline imbucate dal mare.
Sentieri di sabbia, discese da frenare,
salite come scalate per tornare, dal mare,
dondolando nel sedile posteriore
mentre la musica culla
e fa sognare un’estate d’amare
come un enorme impossibile amore.
Di me saprete quando il mare
vincerà la sete.

 

Alfonso Maria Petrosino ha pubblicato tre libri di poesia, Autostrada del sole in un giorno di eclisse (Omp, 2008), Parole incrociate (Tracce, 2008) e Ostello della gioventù bruciata (Miraggi, 2015). La sua poesia, che descrive luoghi e situazioni in relazione a un paesaggio urbano e all’umanità che lo abita, si avvale di una metrica precisa e raffinata. La redazione di Poesia del nostro tempo ha scelto Alfonso Maria Petrosino per impersonare la figura del maestro, capace di leggere attentamente e suggerire soluzioni, anche ai neofiti della poesia, proprio per la sua capacità sia di aderire al “canone”, alla tradizione, che di frequentare i nuovi palcoscenici della poesia, dagli happening e performances al poetry slam, essendo stato campione indiscusso di queste scene per molti anni.

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