Avere fiducia nella poesia, non avere alcuna illusione intorno a essa. Ciò è meno di una poetica, ma è anche, per buona fortuna, meno, molto meno, di una metafisica. Diciamo che è un modo di esistere e di agire.
E che da esso, anche se non solo da esso, riconosciamo i giovani poeti. Per quanto ci riguarda, possiamo non chiedere alla poesia che cosa essa è, non possiamo non chiederle di dirci ciò che fa. Se la interroghiamo, la nuova poesia (la più consapevole, intendo) risponde con perfetta aderenza. Avendo ragionevolmente rinunciato ad avere di sé una precisa coscienza ontologica, o avendo una coscienza ontologica solo negativa (essendo consapevole, poniamo, di non essere l’essere), essa ha acquisito in cambio la consapevolezza della propria radicale immanenza e storicità. Sa di essere un modo di presenza del mondo. […] Quanto a noi, vien fatto di domandarsi quale debba essere il nostro atteggiamento di fronte a una poesia che non vuole salvarci né consolarci, e alla quale non chiediamo salvezza o consolazione, che non è la Innocenza o la Verità, e alla quale chiediamo di non essere innocente e di essere vera nella misura dell’uomo. Coltivare un’aperta curiosità nei confronti delle sue operazioni e del suo mutare è, io penso, il meno che possiamo offrirle. Se mi si domanda perché parlo di curiosità e non di fiducia, rispondo che è da questa poesia che ho imparato che la fiducia può essere un modo dell’inerzia, e la curiosità invece la forma stessa dell’agire.

Questo scriveva Fausto Curi, a conclusione del suo intervento Sulla giovane poesia, confluito poi nel volume antologico Gruppo 63, Critica e teoria (Feltrinelli, 1976).

La nuova poesia come un modo di presenza del mondo. Una definizione potente, rivoluzionaria, epifanica. Una definizione che nel dibattito degli anni ’70 voleva rappresentare un superamento di quelle due opposte correnti di pensiero che pur accomunate dalla necessità di un’operazione estroversiva rispetto al passato, ritenevano che la nuova poesia dovesse necessariamente presentarsi come nuova gnoseologia (auspicando un ritorno agli spigoli e alle asperità delle cose) ovvero dovesse tradursi in nuova poetica (e quindi essere capace di rinnovare ragioni poetiche efficaci).

A distanza di oltre quarant’anni da quella pubblicazione e da quel dibattito, senza entrare nel merito di che cosa possa considerarsi oggi nuova poesia, voglio utilizzare la metafora della poesia come modo di presenza del mondo per introdurre Giorgia Romagnoli, classe 1995.

Una poetessa anagraficamente giovane la Romagnoli e dalla precisa grazia e limpidezza compositiva. Già nota nell’ambito della migliore poesia di ricerca, ha avuto modo di farsi apprezzare anche come scrupolosa traduttrice. In che modo la sua poesia saprà imporsi come nuova e vera nella misura dell’uomo sarà il tempo a suggerircelo, per intanto vi invito a coltivare un’aperta curiosità nei suoi confronti.

In primavera uscirà per l’editore Arcipelago Itaca, La formazione delle immagini – la sua prima vera prova su carta dopo l’ebook  Prove tecniche di trasmissione del  2015Una prima prova raffinata e matura, organizzata in quattro sezioni e interamente giocata su suggestioni e intrecci spazio/uditivo/temporali.

In vista dell’ormai prossimo appuntamento, condivido con piacere alcuni testi ricevuti in anteprima  dall’autrice.

 
da La formazione delle immagini
(tempo)
*
pensa ai luoghi in cui hai vissuto
non dimenticarli
trova nell’imprecisione l’unica possibilità.
*
l’associazione immediata e inevitabile di suoni o odori a ricordi
perché
la distanza è un concetto illusorio.
*
Seconda osservazione
un polpo portato fuori dall’acqua si dimena
tracciando disegni meravigliosi sulla sabbia.
scuote il corpo con fremiti disperati
nel tentativo di trascinarsi in salvo.
non riuscendoci genera una bellezza amara, struggente
cancellata dopo qualche ora da un’onda di alta marea
come a eliminare le prove, perché una tale situazione
non può dar vita a nulla del genere.
il tempo ha permesso a qualcuno di osservare
unica gratificazione

*3)
Il gioco dell’oca, snakes and ladders; i bambini non sanno di imbrogliare. Guardandolo dall’alto si aboliscono tutte le sue regole; se Teseo avesse avuto una mappa avrebbe compiuto la sua missione molto più velocemente e il filo non sarebbe stato necessario. Dedalo. Minotauro. Neanche Canova è riuscito a rappresentare tutta la sua – impotenza. Arianna. Saggia o folle. Tornare indietro dopo aver esplorato ogni nuovo corridoio o non ripercorrere due volte la stessa via nello stesso senso a meno che non si sia costretti a farlo. Il filo non sarebbe necessario. Dedalo. Le ali di cera. Una degna sepoltura. Una statua senza cera. Unicursale, ad albero, a rizoma. Non lo sapevano; per loro era solo irrisolvibile.
Snakes and ladders. Aleatorietà determinante. Il segnaposto che si ferma ai piedi di una scala sale; quello che si ferma sulla bocca di un serpente scivola.

*4)
Anche l’orecchio interno ha una forma simile, eppure il suono non ci si perde. Sa esattamente quale strada seguire. Gira in tondo attraverso scale e svolte obbligate.
Contiene l’organo dell’equilibrio che va educato sin da piccoli per riuscire a stare in piedi, camminare, andare in bicicletta, ecc.

Capita però che un trauma o un grande spavento facciano sì che il suono si perda (/disperda, che perda la via), che l’impulso sia errato o mal interpretato, che il liquido vibri dal verso sbagliato o che ci sia un’ostruzione.

L’aggettivo russo глухой [gluchój] può assumere i significati di:

1. sordo (anche fig.)
2. remoto, solitario
3. chiuso
4. cieco
5. molto aderente
6. folto
7. disabitato, senza vita
Come se non si potesse vivere, senza quella vibrazione.
Giorgia Romagnoli, nasce a Jesi, nel 1995.
Dal 2012 contribuisce allo spazio di ricerca eexxiitt.blogspot . Nel 2015 il suo ebook Prove tecniche di trasmissione è risultato finalista al concorso opera prima ed è stato pubblicato su poesia 2.0.  Suoi testi sono apparsi su: lettere grosse, Nazione Indiana, Poetarum Silva, Extreme Writing Community, Argonline e – tradotti in svedese – nella rivista OEI. Ha tradotto, tra gli altri, Dmitrij Prigov e Ciaran Carson. Cura insieme a Giulia Felderer la rivista Porà.

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