Dalla prefazione di Piero Marelli

Salvatore Contessini ci comunica, fin dalle prime poesie, la sua condizione esistenziale, che si potrebbe dire libera da ogni “costrizione” letteraria, entrando immediatamente, e in modo necessariamente imprevedibile, in rapporto con il lettore, qualificandosi non come maestro o guida, ma semplicemente come compagno di viaggio che racconta per chiedere un gesto o una parola di approvazione o di dissenso, nella speranza che questo avvenga. Spesso i suoi testi sembrano aspirare al silenzio, consapevole però che la poesia del silenzio non è una poesia dell’assenza, ma, in realtà, significativa di quei momenti necessari a se stesso per comprendere ciò che è stato fatto e quello che ancora resta da fare. È l’altrove, il luogo dello spirito che è sempre da ritrovare e riconoscere, il luogo che comunque permette di ripartire, nella certezza che la poesia è in grado d’indicare la strada. Un “libro-reportage”, connesso, e non può essere diversamente, con l’esistenza, o meglio, forse, con quello che si crede degno di essere messo a “profitto e ricordo” in una poesia. C’è un lavoro propositivo nel suo fondo, un dire che ricupera e tramanda un’idea di corresponsabilità tra poeta, canone e lettore, con un “gergo” che solo al poeta appartiene: nella circolazione sanguigna dei versi dell’autore scorre la felicità della scrittura, una gioia “attuale” che non dimentica il lato oscuro della realtà e il “dovere” di non dimenticare qualcosa o qualcuno.

 

Da La cruna (La Vita Felice, 2018)

Campo morfico

Sul palmo della mano
come una traccia
è incisa nella forma di destino
la narrazione che si porta in dote.
L’occulto imposto ascolta la prudenza
il dubbio nutre l’aria ferma di vento
non è la legge, ma dalla legge viene.
Questo pensiero tramandato
nutre l’informazione da tradurre
lungo la linea, in fila,
si erigono unici motivi.
Se invoco l’era saturnina
potrò cambiarne contenuto
e pattuire l’alterazione del formato.

*
Eterica

Ti ho cercata alla finestra,
poi al terrazzo,
ma era sbagliato il giorno,
il tempo era trascorso;
non poteva curvarsi fino all’indietro.
Niente dura niente, lo so
tutto ritorna come ciclo,
anche la fine.

*

Poetica di un ciclo

Gli angoli portatemi via e i sentieri,
il cuore segreto della notte
che soddisfa requisiti d’irreale mira,
il volo, il vuoto, gli spazi liberi dell’aria,
l’invisibile consistenza
attraversata da bracciate a nuoto,
le narrazioni predisposte ad affrontare
quello che avviene prima
che si consumi il giorno.
Lasciate pure lo sguardo imprigionato
le mura in pietra di cristalli
l’impercettibile superamento in sensi
il punto nullo ove converge il corpo
il sonno del riposo ora che dormo.

*

Arredi

L’ala spezzata è il segno,
l’oro non salva l’orribile clamore
né la corona d’oltretomba
la cura riservata per la specie.

Un demone del riso si tiene al fianco,
l’altro riporta l’elitra completa
e sale il corridoio della grazia
come l’ascesa a un cielo d’ordine divino.

Sono particolari fissi nel tempo
dettagli ornamentali
che sfuggono lo sfarzo dello spazio
e chiedono il guardare a fondo.

*
Elaborazione dati

Non sono più uno di voi
perché non lo sono mai stato,
non sono più quello che sono
perché mai riuscito.
Tutti abbiamo la cruna stretta
e il passaggio improponibile di cima;
nessuno valuta il paradosso materiale
come flusso di quantità indulgenti
e interstizi vuoti di sostanza:
si guarda al fulvo, si pensa la criniera.

Se l’esistenza pensiamo in ologramma
possono i sogni esprimere materia?
È l’interrogativo che galleggia
prima che sonno rotoli dal cosmo
e la coscienza tacitata trovi l’artiglio.

 

Salvatore Contessini (Roma 1953), è architetto e collaboratore editoriale. Ha pubblicato diverse raccolte poetiche, tra cui  Dialoghi con l’altro mondo (La Vita Felice, 2013).  Ha curato insieme a Diana Battaggia le antologie Fotoscritture – Istantanee di Erico Menczer – immagine e poesia (2005); Scritture urbane – Appunti fotografici di Gianfilippo Biazzo, Immagine e Poesia su Roma (2007); Arbor Poetica – Poesie su immagini di Stefano De Francisci (2011); Novecento non più – verso il Realismo Terminale (2016).

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