CONFINE DONNA – IX PUNTATA

Qual è stato il confine che ti ha segnata di più, cambiandoti, quello dal quale hai sentito di non poter più fare ritorno?

La difficile situazione economica del mio paese d’origine non ha mai favorito un mio possibile ritorno, neanche nei più disinteressati sogni. Rimangono in me ricordi vivi, attimi di ispirazione, periodi interi della mia vita dedicati alla scrittura, e fare senza sarebbe stato impensabile. Da allora sì, qualcosa è cambiato, mi sono interessata alla voce e alla sonorità, alla rappresentazione poetica scenica, e ho incontrato a Firenze altri poeti e scrittori che condividono il mio stesso interesse: in questa dimensione corale o comunque meno individuale, la mia voce è cresciuta e si è arricchita di una nuova sponda, e io mi sono inserita in un qui e ora altro da me, altro dalla mia storia, altro dai miei sentimenti o dal mio vissuto. In questo contesto, anche i recenti e tragici eventi migratori, in cui migliaia di persone perdono la vita nel mare Mediterraneo, non hanno potuto non essere oggetto di riflessione. Credo che alle domande “chi sono? dove vado?” prima automaticamente avrei preso la penna e avrei risposto per nessun altro che per me stessa. Adesso, la dimensione intima ha lasciato posto a una ricerca e a una presenza altre, che ogni tanto fanno capolino. Mi sono costruita un’identità su entrambe le sponde dell’Adriatico, e spesso ho affrontato questo tema doppio dell’identità. E credo che il confine sottile dell’appartenenza linguistica sia un confine interiore, che varchiamo non solo spostandoci e viaggiando. Vivo a Milano dove mi sono trasferita da quasi un anno. Certa che non ho ancora vissuto un punto di non ritorno. Sono scelte.

Dalla raccolta inedita Dalla terra alla terra

In una notte tra passi lontani, il suono
canti antichi di foglie, funebri arti
quel ricordo divenuto respiro, nelle
mani le foglie, scomparti dei treni
di viaggi che non contano più,
pelli e cuori di vedute, rughe, saluti
per le barche, per i treni, all’alba un caffè,
con quel poco di valigie, tutto a un tratto,
condotte a casa: il ricordo è murato
dentro il tuo sguardo impresso nella linfa
del bosco.
Chilometri e chilometri di bava secca
riconducono i tunnel di speranza
sui binari e le stazioni, treni e convogli
da sfamare pure quei calzini zozzi,
da ubriacarsi di paura
in un’orchestrata simulazione di senso.
Solo camminando

Mikica Pindzo (Sarajevo, 1977), laureata in storia contemporanea con una tesi sulla propaganda ustaša nella Croazia di Ante Pavelić (1939-1945), lavora come traduttrice da diversi anni, collaborando con cooperative sociali, ONG e associazioni. Ha partecipato alla traduzione di spettacoli teatrali con Fabbrica Europa Fondazione e ad alcuni concorsi di poesia e di racconti brevi. È stata scelta, insieme ad altri nove poeti, per “Il fintocolto day” a Pistoia. Ha pubblicato la raccolta Una (2007) nella collana “Betulle nane” di “Pagina Zero – Rivista di letterature di confine”. Suoi testi sono presenti nell’antologia Le voci, la città (Cadmo, 2008) e sono stati presentati a cura di Mia Lecomte su Iris News, Rivista internazionale di poesia (https://irisnews.net) e tradotti in inglese a cura di Brenda Porster. 

 

La rubrica “Confine donna: poesie e storie d’emigrazione” è ideata e curata da Silvia Rosa

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