CONFINE DONNA –  IV PUNTATA

Qual è il confine che ti ha segnata di più, cambiandoti, quello dal quale hai sentito di non poter fare ritorno?

Non potrei mai più vivere nel mio paese, che nel tempo è cambiato. Il nazionalismo post-sovietico ha distrutto tutte le poche cose belle che era riuscito a costruire nei tempi passati. Mia madre era una grande pittrice ucraina, e dopo la sua morte le hanno dedicato un museo nella città dove ha sempre vissuto. Era nazionalista anche lei, ma soltanto per l’arte. Seguiva severamente le orme della tradizione, si vestiva molto spesso in maniera tradizionale, portava la treccia intorno alla testa e le collane tipiche ucraine. Io invece non so a quali tradizioni attingo: mio padre era metà ungherese e mio nonno aveva sangue misto ebraico; ho studiato a Minsk (Bielorussia) dove ho imparato la lingua locale, ho conosciuto nuovi amici da tutti paesi. Mi sentivo una persona senza nazionalità, internazionale, globale. Viaggiai molto prima di trasferirmi in Italia e ovunque mi trovavo bene, perché rispettavo le tradizioni e gli usi di quei paesi. E ogni tanto, quando mi chiedono di dove sono, io rispondo con certezza assoluta che sono sovietica. Ho vissuto il più bel periodo del paese, quando la morsa del KGB è calata, quando giravano le barzellette su Breznev e non rischiavi più di essere processato e mandato chissà dove. Ho vissuto la Perestroika e Glasnost. Ho vissuto il Gorbacev. Io riuscivo a capire, elaborare e accettare i grandi cambiamenti che stavano atraversando il mio paese. Dopo Maidan sono crollate le mie convinzione sulla saggezza di un popolo che una volta era unito. Mi sono vergognata. Mi sono vergognata per i russi e per gli ucraini. Per entrambi. Ultimamente mi vergogno molto. Mi vergogno anche per gli italiani (in alcuni casi), per la Francia e per l’ America. Con il tempo ho sviluppato una certa sensibilità verso l’ingiustizia, verso i deboli e gli indifesi.

Mi accorgo che è estate
dalle ore spettinate,
dalle forti perturbazioni dei sentimenti morti
quando spiando attraverso le fessure del tempo perso
inizio a sudare/stremare/stangare/mancare,
quando inizio ad amare/amare/amare/amare/amare
le nostre vite parallele mai entrate in collisione,
tranne di domenica quando dormo troppo,
scivolo indietro nelle rievocazioni storiche
del nostro vivere poco insieme
con una certa goliardica determinazione dove
trovo sempre inverno, dove piango con l’entusiasmo,
poi mi perdo come si deve, e, non trovandomi,
mi abbandono al caso.

Natalia Bondarenko,  artista, fotografa e scrittrice, è nata a Kiev (ex Unione Sovietica) da famiglia di artisti. Frequenta per otto anni la scuola di pittura e, in contemporanea, la scuola di musica. Nel 1985 si laurea nel Conservatorio di Minsk come cantante lirica e per cinque anni lavora presso la Filarmonica Statale di Bielorussia. Nel 1990 si trasferisce in Italia. Prima a Milano dove lavora come interprete, poi a Pordenone (Friuli-Venezia-Giulia) dove torna a dedicarsi in modo professionale all’arte dopo l’incontro con l’astrattismo di grandi maestri friulani. Attualmente Natalia vive e lavora a Udine, e presenta giovane arte friulana partecipando a numerose mostre personali, collettive e manifestazioni fieristiche nazionali ed internazionali. Organizzatrice (in collaborazione con l’associazione Unità di Udine e UCAI FVG) di alcune mostre dell’arte sovietica, russa e ucraina e anche degli autori contemporanei, gli artisti stranieri, residenti in Italia con il scopo di promuovere la cultura della sua terra nativa.Ha pubblicato Profanerie Private (2010), L’amore del giglio (2010), Terra altrui (2012) prefazione di Katia Longinott, Confidenze confidenziali – poemetto (2013), Vietato aggrapparsi ai sogni! (2014), L’Esilio / Die Verbannung (2017). È vincitrice del concorso Scrivere Altrove 2013 (Cuneo). Fra le partecipazioni più importanti, Pordenone (2012), Dialogo Creativo (2013) e Festival della Letteratura (2013, Milano). Dal 2015 cura la rubrica “L’ironia è una cosa seria” sulla rivista Versante Ripido. È creatrice di Poesia&friends (dal 2015), un evento friulano di letteratura, arte e musica. Dal 2016 fa parte della redazione della rivista letteraria Versante Ripido aggiungendo la seconda rubrica “Pinpidin, una rubrica piccola e grande” dedicata alla poesia giovanile. Nel 2017, con Domenico Montesano e Enzo Valentinuz, fa nascere il gruppo artistico StruKtura. Il lavoro del gruppo è concentrato sulla ricerca artistica contemporanea, sui nuovi supporti (molto spesso legati al riciclo e alla materia naturale come per esempio iuta, pietre, cartone, corde, ricamo, resine) e sulla creazione di lavori attraverso costruzioni, applicazioni, manipolazioni che visibilmente si associano all’arte materica. L’idea è di strutturare e di costruire la propria opera con i materiali sperimentali. Gruppo è stato presentato a Udine il 26 maggio.

 

La rubrica “Confine donna: poesie e storie d’emigrazione” è ideata e curata da Silvia Rosa

 

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