CONFINE DONNA – X PUNTATA

Qual è stato il confine che ti ha segnata di più, cambiandoti, quello dal quale hai sentito di non poter più fare ritorno?

Per come la vedo io, la linea in un pezzo di terra uguale per tutti, perché la terra in sé è uguale per tutti i suoi abitanti, segna un confine che ha come approdo un’altra lingua. Quella lingua, in questo caso l’italiano, la sento mia, ma non la concepisco come confine, piuttosto come percorso, nel quale la comunicazione è un sentiero. Le due lingue, l’albanese e l’italiano, internamente ed esternamente, mi guidano verso altri mondi e modi di vivere, che ancora devo approfondire, per poi trasformarmi attraverso altri percorsi che segnano nella carne la vita.

Da Frenabile (inedita, 2003/2007)

Origini

Cresciuta tra la cacca di Mira, misto di grano e granturco, estratto di latte puro di mucca:
libero l’immensa proprietà.

Cos’è la Libertà?
Se non la corsa di un bambino, con i piedi punti dalle spine dell’erba.

Intanto le zanzare si nutrono del sangue che scorre tra le ringhiere,
arrugginite dal troppo piovere.
Insipide zanzare migratorie, riportano la terra del mio appetito.
Tempo fa abbiamo fatto un patto.
La mia impetuosità ti ha addolorato.
I motteggiamenti d’eccesso mi sconfortano, l’anima rossa e nera, uccidono.
 

Jonida Prifti, nata a Berat (Albania), è poetessa, performer, interprete e traduttrice dall’albanese all’italiano e viceversa. Collabora con varie compagnie italiane ed estere. Vive in Italia (Roma) dal 2001. Il suo lavoro si concentra sulla commistione linguistica tra la lingua madre (albanese) e la lingua italiana. Infatti, nelle sue opere è presente la differenza lessico-grafico-visuale delle due lingue. Il suo audio-libro bilingue Ajenk (Transeuropa edizioni, 2011) è un chiaro esempio di due modi di vedere la lingua dove le due culture, albanese e italiano, si incontrano integrandosi a vicenda attraverso la ricerca linguistico/poetica. Lo stesso approccio è presente nel suo progetto di poesia sonora “Acchiappashpirt” formato con il musicista Stefano Di Trapani nel 2008, dove si tenta di creare una terza lingua attraverso l’intreccio linguistico tra italiano e albanese. Il tema è la comunicazione verbale come tramite per il paranormale, dove la terza lingua è utilizzata come ponte sensoriale di un nuovo lessico. Ha pubblicato tra le altre cose, il saggio Patrizia Vicinelli. La poesia e l’azione (Onyx 2014), Non voglio partorire un corpo di plastica (Alfabeta2, 2011), Rivestrane (poema, Selva Ed. 2017), Flutura (cassetta, My Dance the Skull, UK 2015), Strangerivers (cd, Filibusta Rec.), G e n e r a t A (release, Upitup Rec., UK, 2018). Alcune sue opere sono presenti nelle antologie poetiche: Poeti Laziali e Romani (Trivio, 2017), Paesaggio 013 (Caratteri Mobili 2013), La Poesia: luogo delle differenze (Marcus Edizioni 2012) etc. La sua poetica è stato oggetto di studio per il lavoro del poeta studioso Gabriele Belletti che ha presentato in Power Point un lavoro approfondito sulla storia della “Poesia Sonora” e in particolare sulla poesia dell’autrice all’interno del convegno “Opera Contro” tenutasi all’Università Jean Jaures di Tolosa (Francia 2015). Ha partecipato in vari festival di poesia in Italia e all’estero tra cui “Colour Out Of Space”, “Secret Anarchy Garden” (UK), “Generazione Y” (Maxxi), “Poetitaly”, “Mediterranea 18 Young Artists Biennale ” (Tirana – Durazzo, Albania) etc. Sito personale: qui.

 

Foto di Tommaso Ottonieri

 

La rubrica “Confine donna: poesie e storie d’emigrazione” è ideata e curata da Silvia Rosa

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