Indenni alla neve
Ho il fiato corto
e da tempo ho bisogno di riposo
Sarà per questo che invece di allungarlo
il passo lo accorcio
e poi lo sedimento, lo blocco
in un punto preciso
indenne alla neve
lungo il passaggio dei pioppi
neanche il mio piede fosse un fungo
col suo blocco di filamenti e terriccio
che lo àncora al terreno
lo trattiene appena
appena sepolto fino al pieno, perfetto
riconoscimento di una
catarsi e di un difetto
Sui rami, non più passeri ma altri
uccelli molto più grandi e dai richiami
meglio variati e parecchio inquietanti
perché dalle nostre parti
non si sono mai viste
tante tacole e tante
specie diverse di rapaci
affacciate sulla mole dei palazzi
nella semialba invernale
picchiettata di lampi velocissimi trillati
su su per le scale del gelo
fino ai rami più alti
Molto più rari di un tempo
appaiono i colombi
custodi e padroni di habitat
a metà suddivisi
tra sonnolenza ed estinzione*
*Gli ultimi due versi sono parafrasi di un’espressione poetica di Fernando Bandini e omaggio alla sua opera straordinaria
Roma d’inverno
Come un rabdomante vero
sento la nebbia dentro
in quest’alba segnata da una larga
pennellata di cotto e di ceramica
fra le ombrelle dei pini, le palme, i saliscendi
e alla fine i neon di Termini
Secca, improvvisa
ed eccola, la nebbia
appena passato il Verano
coi suoi corpi rattrappiti
e i mucchietti di ossa e di vestiti
cui sono ridotti oggi
Gadda, Gramsci, Pasolini
Una nebbia come quella dell’entrata
degli eroi nell’Ade
fossero solo questa scommessa vinta
il niente dei discorsi, tutti i nostri
possibili racconti
Spoon River

Vieni, ti prego, da questa parte
ramo di pino fluttuante
nella bava di vento costante
a cavallo del muro di mattoni
antichi di fornace
e rossi come il cuore ansimante
a dir poco di un secolo
Vieni a sperimentare i varchi
che in questa
luce di settembre
lungo anse e calanchi
qualcosa diranno del nostro
mondo di vivi o quasi
Misurare le distanze
nella calma di un tempo uguale
e al diavolo la fretta,
il dover essere puntuale,
imbattersi in un cenno di saluto
fra le case
Canê
Al tictac bi∫iô∫
dal mê computer nôv
a-l tè∫ framèζ la nòt
e ind-la càmbra a-s sèint sôl
un silèinzi tê∫,
ch’a-l ∫gàzzla lèint,
mèinter ‘na lu∫
bròsca come vlèin
la désfa el ζuntùri dal lèign
mo la ciacarèda la va léssa l’istàss
cun cal ghégni da ucaròt
ch’i fan la vècia anch incô,
quànd a próv in tótt i mòd
a purtèr ζò mê pèder
drétt ind-al côr dal mê∫
piò làngh e adanèe,
ζnèr atê∫ a-i èrζen di canê,
a ζughèr col frósti
del càvvi e di vérs
dal bêsti lughèdi là in fànd
ind-al mànd sàtta al vérd
Canali. Il ronzio pungente del mio computer nuovo a notte fonda tace e nella camera si sente solo un silenzio teso, che sgocciola lento, mentre una luce aspra come veleno distrugge le giunture del legno, ma il discorso procede lo stesso con quelle facce da ocarotti che anche oggi fanno finta di niente [fèr la vecia vale alla lettera “mimetizzarsi come blatte” e non “comportarsi come una donna vecchia”], quando io provo in tutti i modi a portar giù mio padre dritto dentro il cuore del mese più lungo e dannato, gennaio vicino agli argini dei canali, a giocare con le fruste delle code e coi versi delle bestie nascoste là in fondo, nel mondo sotto il verde.
[Nota bene: ζ equivale alla zeta dolce di “mezzo”; ∫ alla esse dolce di “rosa”]
Alberto Bertoni è nato a Modena nel 1955 e insegna Letteratura italiana contemporanea e Prosa del Novecento nell’Università di Bologna. In poesia, dopo una serie di opuscoli, libretti, plaquettes inaugurata nel 1981, ha esordito con il volume Lettere stagionali (Book Editore, 1996, con una nota di Giovanni Giudici), a inaugurare una sequenza di sette libri, conclusa fino a oggi da Traversate (SEF, Firenze 2014, prefazione di Paolo Valesio). Tra loro, spiccano le tre edizioni di Ricordi di Alzheimer (2008, 2012, 2016), pubblicate da Book e accompagnate da una poesia in versi pavanesi di Francesco Guccini e da una nota critica di Milo De Angelis. Suoi testi sono stati tradotti in russo, inglese, francese, ceco, ungherese e romeno (Amintiri din Alzheimer. O poveste, Eikon, Bucuresti 2017, traduzione e cura di Eliza Macadan). Una sua antologia poetica è stata tradotta e pubblicata in lingua spagnola: El guardian del lugàr, Biblioteca fip, Granada 2010 (traduzione e cura di Raquel Lanseros e Fernando Valverde). Per Book Editore dirige le collane di poesia contemporanea “Fuoricasa” e “Quaderni di Fuoricasa”; per il Corsiero Editore la collana “Strumenti umani”.

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