Nel 2012 i versi di Wole Soyinka vengono nuovamente pubblicati in Italia, dopo venti anni, nell’antologia Abiku e altre poesie in occasione del XIV Premio Internazionale Trieste Poesia. L’uscita annuale di queste speciali edizioni rappresentava uno dei punti focali del progetto che univa la FrancoPuzzoEditore e l’associazione culturale Club Anthares, che organizzava il Premio (al termine dell’articolo il poeta Rei Berroa legge dal libro di Soyinka alcune poesie in occasione dell’edizione 2012 di TriestePoesia). Wole Soyinka è recentemente stato in Italia per la rassegna di letteratura Incroci di civiltà. In collaborazione con la FrancoPuzzoEditore presentiamo per la prima volta le traduzioni tratte dall’antologia Abiku e altre poesie del Premio Nobel per la Letteratura 1986.

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da Abiku e altre poesie (FrancoPuzzoEditore 2012)
Traduzione di Daria Potok

MORTE NELL’ALBA

Una mattina, mentre guidavo in direzione di Lagos,
un bianco galletto sbucò dall’oscurità e si schiantò
contro il parabrezza. Un miglio più avanti mi imbattei
in un incidente automobilistico e in un uomo morto
da poco nello schianto.

Viaggiatore, devi partire
All’alba. E strofinare i tuoi piedi sopra
L’umido tartufo della terra.
Lascia che l’aurora spenga le tue lampade, e osserva
Vaghi formicolii di vegetazione nella luce celeste
Piedi avvolti nel cotone a violare il primo lombrico
Sulla zappa. Ombre si allungano ora con vigore
Non morte del crepuscolo e triste prostrazione.
Questo delicato ramoscello, delicate specie sfuggenti
Rilascianti gioie e apprensioni per
Un nudo giorno. Gravati relitti si ritraggono,
Si piegano alla foschia in anonima moltitudine
A svegliare i mercati silenziosi – rapide, mute
Processioni su grigie scorciatoie…
Su questo
Copriletto, si trovava –
Improvviso inverno alla morte
Del solitario trombettiere dell’alba, cascate
Di bianchi fiocchi piumati, si rivelò
Un futile rito. Prima, la propiziazione accelerò
Torvamente, ancora.
Il piede destro per la gioia, il sinistro, orrore
E la madre pregava, Bambino
Possa tu mai camminare
Quando la strada attende, affamata.
Viaggiatore, devi proseguire
All’alba
Prometto meraviglie dell’ora santa
Presagi come l’agitato perverso
Impalamento del gallo bianco – come chi sfiderebbe
Le irose ali della progressione umana…
Ma un altro spettro simile! Fratello,
Ammutolito nel trasalito abbraccio della
Tua invenzione – questa smorfia dileggiata
Questa contorsione serrata – sono io?

DEATH IN THE DAWN
Traveller, you must set out
At dawn. And wipe your feet upon
The dog-nose wetness of earth.
Let sunrise quench your lamps, and watch
Faint brush pricklings in the sky light
Cottoned feet to break the early earthworm
On the hoe. Now shadows stretch with sap
Not twighlight’s death and sad prostration.
This soft kindling, soft receding breeds
Racing joys and apprehensions for
A naked day, burdened hulks retract,
Stoop to the mist in faceless throng
To wake the silent markets – swift, mute
Processions on grey byways…
On this
Counterpane, it was –
Sudden winter at the death
Of dawn’s lone trumpeter, cascades
Of white feather-flakes, but it proved
A futile rite. Propition sped
Grimly on, before.
The right foot for joy, the left, dread
And the mother prayed, Child
May you never walk
When the road waits, famished.
Traveller you must set forth
At dawn.
I promise marvels of the holy hour
Presages as the white cock’s flapped
Perverse impalement – as who would dare
The wrathful wings of man’s Progression…
But such another Wraith! Brother,
Silenced in the startled hug of
Your invention — is theis mocked grimace
This closed contortion – I

ABIKU

Bambino girovago. Si tratta dello stesso bambino
che muore e ritorna ancora e ancora ad assillare
la madre – credenza Yoruba.

Invano i tuoi bracciali disegnano
Cerchi incantati ai miei piedi
Io sono Abiku, sto chiamando per la prima
E ripetuta volta.
Devo forse piangere per capre e cipree
Per oli di palma e la cenere sparsa?
Le batate non spuntano negli amuleti
Per interrare le membra di Abiku.
Così quando la chiocciola è cremata nel suo guscio,
Affila il frammento riscaldato, marchiami
Profondamente sul petto – devi conoscerlo
Quando Abiku chiama di nuovo.
Io sono i denti dello scoiattolo, incrinato
Il labirinto del palmo; ricordati di
Ciò, e affondami ancora sempre più giù nel
Piede gonfio di dio.
Una volta e per il tempo ripetuto, senza età
Tuttavia vomito, e quando versi
Libagioni, ogni dito mi punta accanto
Alla strada da cui sono venuto, dove
Il terreno è bagnato dal pianto
Bianca rugiada allatta uccelli di carne
La sera stringe amicizia con il ragno, intrappolando
Le mosche in spuma di vino;
Notte, e Abiku succhia il petrolio
Dalle lampade. Madri! Sarò
Il serpente supplicante avvolto sull’uscio
Tuo il pianto assassino.
Il frutto più maturo era afflitto;
Là dove avanzavo, il calore era stucchevole.
Nel silenzio delle reti, Abiku geme, delineando
Montagnole nel tuorlo.

ABIKU
In vain your bangles cast
Charmed circles at my feet;
I am Abiku, calling for the first
And the repeated time.
Must I weep for goats and cowries
For palm oil and the sprinkled ash?
Yams do not sprout in amulets
To earth Abiku’s limbs.
So when the snail is burnt in his shell
Whet the heated fragments, brand me
Deeply on the breast. You must know him
When Abiku calls again.
I am the squirrel teeth, cracked
The riddle of the palm. Remember
This, and dig me deeper still into
The god’s swollen foot.
Once and the repeated time, ageless
Though I puke. And when you pour
Libations, each finger points me near
The way I came, where
The ground is wet with mourning
White dew suckles flesh-birds
Evening befriends the spider, trapping
Flies in wind-froth;
Night, and Abiku sucks the oil
From lamps. Mother! I’ll be the
Supplicant snake coiled on the doorstep
Yours the killing cry.
The ripes fruit was saddest;
Where I crept, the warmth was cloying.
In the silence of webs, Abiku moans, shaping
Mounds from the yolk.

STAGIONE
La ruggine è la maturazione, la ruggine,
E l’appassito pennacchio del grano;
Il polline è compagno d’accoppiamento quando le rondini
Intessono una danza
Di frecce piumate
Gambi filati di grano in alate
Striature di luce. E, amavamo sentire
Le frasi giuntate dal vento, sentire
Stridii nei campi, dove le foglie di grano
Penetrano come schegge di bambù.
Ora, raccoglitori noi
Aspettando la ruggine sui fiocchi, disegniamo
Lunghe ombre nella semioscurità, intrecciamo
Secche coperture di paglia fra il fumo del legno. Gambi carichi
Cavalcano la decadenza del germe – noi aspettiamo
La promessa della ruggine.

SEASONS
Rust is ripeness, rust.
And the wilted corn-plume;
Pollen is mating-time when swallows
Weave a dance.
Of feathered arrows
Thread corn-stalks in winged
Streaks of light. And we loved to hear
Spliced phrases of the wind, to hear
Rasps in the field, where corn-leaves
Pierce like bamboo slivers.
Now, garnerers we,
Awaiting rust on tassels, draw
Long shadows from the dusk, wreathe
Dry thatch in woodsmoke. Laden stalks
Ride the germ’s decay – we await
The promise of the rust.

Wole Soyinka, nigeriano yoruba, classe 1934, premio Nobel per la Letteratura nel 1986, è una delle voci più potenti dell’Africa. Drammaturgo, poeta, romanziere e saggista, tra le sue opere teatrali più note La strada, La morte e il cavaliere del re, Il leone e la perla, Pazzi e specialisti e la sua riscrittura delle Baccanti. Tra le opere tradotte in italiano Abiku e altre poesie (FrancoPuzzoEditore 2012) e Ogun Abibiman; recente è Sul far del giorno, pubblicato in edizione aggiornata e corredata di fotografie da La Nave di Teseo,  mentre l’ormai classico L’uomo è morto, in cui racconta gli anni di carcere durante la guerra civile, è da poco ristampato in Italia. La sua ferma presa di posizione contro la dittatura militare di Abacha (1993-1998) gli è costata una condanna a morte che lo ha costretto per anni all’esilio. Tornato nella sua terra, Soyinka ha continuato la sua attività di strenuo difensore dei diritti umani al di là di ogni confine.

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