Poesia del nostro tempo presenta l’Archivio virtuale de L’Italia a pezzi. Antologia dei poeti italiani in dialetto e in altre lingue minoritarie.

Ida Vallerugo è nata nel 1946 a Meduno (Pordenone), dov’è stata insegnante nelle Scuole Elementari. Le sue prime raccolte di poesie sono in italiano: La porta dipinta (Pan, Milano 1968) e Interrogatorio (1972). Maa Onda. Poesie (presentazione di Andreina Ciceri, Circolo culturale Menocchio, Montereale Valcellina, Pordenone) è la sua prima opera in lingua friulana, pubblicata nel 1997, ma che raccoglie poesie che risalgono anche ai precedenti vent’anni. Nel maggio 1979 la nonna Regina Cilia, Maa Onda, muore: il dolore per la perdita origina desiderio di immedesimazione totale, anche nella lingua. Figurae è la sesta pubblicazione della collana di poesia “La barca di Babele”. Ancora nei “Quaderni del Menocchio”, nel 2009, esce Sul punt di Sydney il vint. Nel frattempo, Franco Loi l’ha inclusa nell’antologia Nuovi poeti italiani (Einaudi, Torino 2004). La sua ultima raccolta di versi è Mistral (Il Ponte del Sale 2010).

 da Mistral

DENANT IL MONT
Inmò ’na volta mûsa a mûsa mont
e i volevi puartâti un frut di serra
ma encja tu i tu sò a mans vuèiti.
Ma forç i na ai i regâi iusç par te mont
e forç nuia da mè i tu si speti. E quan mai spètitu
l’inutil tu? E quan mai l’inutil par chèst
si dane? Jò i ti ami mont ma di te i na mi curi.
E i si abraciarìn nò, e no fra i cavos
da la citât afondada o ta la memoria
di un lunc mîstic unvièr
e no cun perauli muârti i si discorarìn
chè quan che un amant a discòr, l’âltri dut
a capìs e a ama e chel e no âltri a voul sintî.
E i na mi vuârdi ta la piel di muda
sul scjalìn dal tèmpli bandonât.
Né in chê blancj gjari sot la luna.
*

DAVANTI AL MONDO

Ancora una volta faccia a faccia mondo
e volevo portarti un frutto di serra
ma anche tu sei a mani vuote.
Ma forse non ho i regali giusti per te mondo
e forse niente da me ti aspetti. E quando mai attendi
l’inutile tu? E quando mai l’inutile per questo
si dispera? Io ti amo mondo, ma di te non mi curo.
E ci abbracceremo noi, e non fra i cavi
della città affondata o nella memoria
di un lungo mistico inverno
e non con parole morte ci parleremo
che quando un amante parla, l’altro tutto
capisce e ama e quello e non altro vuole sentire.
E non mi guardo nella pelle di muta
sul gradino del tempio abbandonato.
Né in quelle bianche ghiaie sotto la luna.

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