Mi dicono che devo indossare
un velo nero, portarne il lutto
come il corvo rovescia la terra
io devo accettare l’idea
C’unn’è gilusu unn’è amanti

che potrebbe sfarsi il nostro letto sponsale
come se non fossimo mai
come non fossimo mai stati:
– Il mondo è pieno di puledre di sceltissima razza

Ma come il corvo scava la terra
il mostro verde sviscera
le mie notti scure. Le mie fredde vene.
Quanti anni ho adesso che
dal più profondo di ogni mia vertebra,
t(r)emo.

Ed è di nuovo una sera qualunque,
e ho un nuovo tempo da ingannare
scarse doti,

mi resta solo la mia giovinezza.

 

 

***

 

 

Mi son letta le linee del palmo destro
anni fa, il nostro primo anniversario.
Ho ricominciato a rosicchiare le unghie
dopo che tu le hai baciate, una a una.
Ho ritrovato il gusto al decimo giorno
di digiuno
quando hai apprezzato i miei seni piccoli
le mie cosce tonde.

Non vuoi leggermi le carte
mentre giochi con le tue mani bianche
mi dici che serve il momento giusto
che sono cose che si sentono.

Se vuoi puoi essere la mia India

 

 

***

 

 

E’ per i miei lineamenti da araba
che non vengo presa sul serio.
Datemi occhi orientali, il dono delle fusa
un naso bagnato e denti aguzzi per i miei nemici.
Le vene non pulsano, è passato abbastanza
il freddo è esorcizzato da due paia di collant
rotti, due paia al prezzo di uno.

 

Giulia Romano è nata l’11 Febbraio 1994 a Siracusa, dalla quale si è spostata per venire a studiare a Roma, dove frequenta il corso di giurisprudenza. Nel 2015 ha pubblicato la sua prima raccolta intitolata Catarsi (Ladolfi Editore, 2015).

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