Poesia del nostro tempo presenta l’Archivio virtuale de L’Italia a pezzi. Antologia dei poeti italiani in dialetto e in altre lingue minoritarie.

Giacomo Vit, è nato a San Vito al Tagliamento nel 1952. Maestro elementare di Cordovado, in provincia di Pordenone, è autore di opere in friulano di narrativa (Strambs, Udine, Ribis, 1994; Ta li’ speris, Pordenone, C’era una volta, 2001) e di poesia: Falis’cis di arzila, Roma, Gabrieli, 1982; Miel strassada, Riccia, Associazione Pro Riccia, 1985; Puartis ta li’ peraulis, Udine, Società Filologica Friulana, 1998; Fassinar, S.Vito al Tagliamento, Ellerani, 1988; Chi ch’i sin…, Pasian di Prato, Campanotto, 1990; La plena, Pordenone, Biblioteca Civica, 2002; Sòpis e patùs, Roma, Cofine, 2006; Sanmartin, Faloppio, Lietocolle, 2008, Ziklon B- I vui da li’ robis, CFR, 2011. Nel 2001, per l’Editore Marsilio di Venezia, ha fatto uscire La cianiela, una raccolta delle migliori poesie edite e inedite scritte dal 1977 al 1998. Ha fondato nel 1993 il gruppo di poesia “Majakovskij”, col quale ha dato alle stampe, nel 2000, per la Biblioteca dell’Immagine di Pordenone, il volume Da un vint insoterat. Con Giuseppe Zoppelli ha curato le antologie della poesia in friulano Fiorita periferia, Campanotto, 2002 e Tiara di cunfìn, Biblioteca civica di Pordenone, 2011. Componente della giuria del Premio “Città di San Vito al Tagliamento” e “Barcis-Malattia della Vallata”. Ha pubblicato anche alcuni libri per l’infanzia.
da La cianiela
LA FOGHERA
I sin uchì, davant da la foghera,
cui nustris vui di omis ch’a no san
la brosa ch’a slùsigna tan altris ciamps
e li’ vacis di ‘n altri colour.
La foghera a brusa sclopetant
e li’ falis’cis a tocin il sufit dal Signour
ah!…che grisulon ch’a sintin li’ feminis
cuant che Toni al cianta la canson dai ains zus…
I vecius a trimin di vin,
i fioi a zoin a ciapassi tal scur,
me pari e me mari a si strenzin la man
ades ch’a son nes e no pussin pi da ledan…
I vorès ch’a no finìs mai la foghera,
e ch’i restassin ducius cussì, fers ta la sgiavina,
tasìnt un sgrisul di muart, e strenzisi vissìn vissìn.
IL FALÒ DELL’ EPIFANIA – Siamo qui, davanti al falò, / con i nostri occhi di uomini che ignorano / la brina che brilla in altri campi / e le mucche di un colore diverso. / Il falò brucia scoppiettando / e le faville toccano il soffitto del Signore, / ah!…che brivido provano le donne / quando Toni intona la canzone degli anni andati… / I vecchi tremano di vino, / i bambini giocano a rincorrersi nel buio, / mio padre e mia madre si stringono la mano, / ora che sono lavati e non puzzano più di letame… // Io vorrei che non si spegnesse mai il falò, / e che restassimo tutti così, fermi sul ciglio del campo, / tacendo un brivido di morte, e stringerci vicini vicini.
Questionario
1. La preghiamo di indicarci i modelli di riferimento (italiani, della sua lingua, stranieri) della sua poesia, dove questi studi e letture l’hanno portata all’individuazione del suo stile.
Sono sempre stato un lettore di poesia, e i modelli di riferimento sarebbero tanti, troppi, italiani e stranieri. Tuttavia, scrivendo in friulano, il confronto-scontro con Pasolini è stato inevitabile, nel senso che se egli è stato da una parte un modello di alta poesia in dialetto da imitare, dall’altra è stato anche un padre “da uccidere”, per poter andare oltre. Inoltre, per tematiche esistenziali e per uno stile severo, un altro riferimento obbligatorio, sempre in friulano, è stato Amedeo Giacomini.
2. Ci sono differenze significative tra la sua produzione di poesia in “dialetto” o nella sua lingua, e quella in italiano (se presente)?
Ho scritto quasi sempre in friulano; le poche cose in italiano contenevano tematiche e stile sviluppati contemporaneamente in friulano.
3. Con quali poeti contemporanei (della sua area linguistica, italiani, stranieri) intrattiene un dibattito costruttivo? Con quali ha semplicemente condiviso un percorso di gruppo (blog, riviste, associazioni) o di scambio di opere letterarie? Quali poeti l’hanno colpita di più?
Sono stato organizzatore di eventi culturali, faccio parte di Giurie di premi letterari, ho prefato alcuni libri, ho fondato e dirigo il gruppo Majakovskij, col quale ho dato alle stampe due libri e col quale organizzo spettacoli di poesia… Perciò gli scambi, i contatti sono numerosi e fatico a elencarli tutti. Comunque, volendo giocoforza indicare almeno un paio di nomi, farei quelli dei poeti-critici Marco Marangoni e Giuseppe Zoppelli, coi quali ho un intenso scambio di vedute sulla poesia contemporanea.
4. Quale l’immaginario o le immagini più diffuse, nella sua opera dialettale o nella sua lingua? Ci sono differenze tra l’immaginario che usa nella sua lingua e quello delle sue opere in italiano o in prosa (se presenti)?
Molte immagini della mia poesia in friulano si rifanno al mondo naturalistico della mia terra, fatta di pianure e di molta acqua (ruscelli, laghetti, fiumi). Di conseguenza, anche a ciò che a questo mondo è legato, attraverso piante e animali, concepiti in chiave simbolica però: l’aspetto naturalistico è solo un punto di partenza che la poesia mi permette di oltrepassare. La prosa in friulano invece sfrutta più situazioni surreali, grottesche.
5. Quali teorie (estetiche, politiche, etiche, critiche, etc…) sono presenti all’interno della sua poetica? Il suo modo di lavorare a un’opera di poesia (il processo formativo che ha usato) è stato influenzato da queste teorie? Se sì, può descrivere anche le modificazioni della sua scrittura/operatività in poesia, nella sua lingua o “dialetto”, nel corso degli anni?
Ho sempre creduto che la poesia non deve essere avulsa dalla realtà, ma ne deve in qualche modo portare “il peso”. In questo senso, una parte della mia produzione è stata orientata alla denuncia dei mali della società. Negli ultimi anni, il mio occhio si è posato più sul dramma individuale dell’esistenza, senza comunque dimenticare il paesaggio sociale in cui l’essere umano si muove.
6. Il suo modo di scrivere nella sua lingua è rappresentativo del parlato della sua area di appartenenza (paese, città, provincia, regione)? Quali le differenze con il parlato? Ha introdotto altre lingue/linguaggi/codici/segni nella sua opera in dialetto o lingua? Ha recuperato espressioni linguistiche arcaiche?
Il dialetto friulano che adopero è quello di Bagnarola in provincia di Pordenone, una parlata usata da poco più di duemila persone. Cerco di essere fedele alla parlata, rifuggendo però dagli arcaismi, ma anche dai neologismi. In altre parole, cerco di non forzare il linguaggio sul piano lessicale, piuttosto preferisco combinare fra loro immagini e ritmi, utilizzando il lessico di base.
7.
8. La sua regione presenta leggi di tutela del suo dialetto/lingua o supporta le pubblicazioni con qualche legge? E’ in grado di illustrare queste leggi (o dare i loro riferimenti)? Quale il dibattito culturale e politico a proposito?
La Regione qualche volta appoggia le pubblicazioni in friulano, facendo riferimento alla legge nazionale n.482-99, che tutela le minoranze storiche italiane.
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