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Per indicare subito la marca stilistica più evidente di Periodo di transizione di Fabio Strinati (Bibliotheca Universalis 2017), possiamo richiamarci all’Espressionismo europeo di primo Novecento, come suggerisce già Michela Zanarella nella Prefazione alla raccolta. La scrittura di Strinati, infatti, è caratterizzata innanzitutto dal primato accordato al senso della vista – una vista iper-soggettiva ed enfatica – che deforma la realtà filtrandola attraverso la lente dell’osservatore. La raccolta costituisce una sorta di continua messa a fuoco al contrario, il cui obiettivo non è quello di rendere le immagini (la realtà dei referenti) più nitide, bensì più opache (oscure, avrebbe scritto Fortini), alla ricerca di un significato nascosto e remoto sia dell’esistenza dell’individuo nel mondo, sia del mondo stesso. La poesia, lente deformante e deformata, ed espressione diretta dell’interiorità dell’io, si pone al lettore come «groviglio», già nel testo che apre la raccolta:
 
Groviglio
Salvadanaio mentale sprofonda nel disordine
coi fumi forestieri,
cicalini vibratori e megafoni interni
che ignorano la mantide
attanagliata nelle vene tormentose.
Clemenza che sbircia oltre uno sgretolato muro,
e nessuno che sparla per sprechi d’anime
nei metalli al cuoio,
di annunci lontani dipanati durante tempi
per le salite esposte.
 
La violenza espressiva di Strinati, che non nasconde i propri debiti a poeti come Campana o Rebora, agisce sia nei contenuti sia nella forma, torcendo la sintassi e reiterando particelle foniche con un ritmo frenetico. Come in un quadro di Nolde o in un racconto di Tozzi, nei testi di Strinati i dettagli e i piccoli oggetti assumono, non di rado, proporzioni enormi e un carattere inquietante, perturbante (ad esempio la mantide nel testo sopra riportato). Periodo di transizione procede per giustapposizione di immagini che suggeriscono continuamente un’idea di movimento, di cambiamento.
La precarietà estrema del soggetto, che si rappresenta come un individuo malato – si veda di nuovo Campana, tra gli altri – determina l’incapacità di cristallizzare nella scrittura il senso della propria esistenza e di rappresentare una realtà in perpetuo stato di evoluzione. Di qui il ricorso assai frequente a periodi nominali e al meccanismo dell’anafora e dell’iterazione, che agisce non soltanto all’interno dei versi, ma anche tra un componimento e l’altro.
Strutturalmente, la raccolta è costruita su piccoli gruppi di testi accostati su base tematica (riporto alcuni titoli): Vuoto – Svuotarsi, Dentro – Dentro un vecchio muro, Il colpo – Di colpo, ecc. Si tratta, come dicevo in precedenza, di un continuo tentativo di messa a fuoco del soggetto poetico: l’io di Periodo di transizione, sospeso fra le tre parole-tema «dentro», «vuoto» e «oltre», tenta di «penetrare» (altra parola-tema) il mistero della vita nel mondo, senza restituire, però, quella tensione metafisica e oracolare propria di un poeta, per certi versi affine, come De Angelis (o del Rebora sopra citato).
Strinati sembra muoversi sul piano di una realtà tutta terrena ma, al tempo stesso, mai evocata direttamente. Attraverso un elevato tasso di figuralità e metaforicità, la scrittura di questo libro si pone al lettore come testimonianza immediata dello scontro del soggetto con il mondo o con il senso nascosto (se un senso esiste) dell’esistenza, raggiungendo i risultati più convincenti, a mio parere, nei testi in cui la distanza tra parola poetica e realtà dei referenti – siano essi oggetti, persone o stati d’animo – non risulta incolmabile:
 
Interrogativo
Quando ho paura del domani, mi aggrappo
alle tante foto appese al muro nella mia stanza:
tengo stretto il mio cuscino,
come l’amore è quell’equilibrio che tutto
scompone e ricompone,
come una foto di famiglia che raggruppa
l’unica foto di un istante, di un’eternità infinita.
 
*
 
Testimone
È nella fessura che porgo l’occhio mio,
la mia perla di lingua tutt’intorno affonda,
sibili e cicalini,
nel suo rattoppo d’origine,
d’occhiatine vispe nella vispezza
che tanto arretra
e d’avanti punta indietreggia,
si stagna il gesto, come sangue rappreso
la sua macchiolina annichilita.
 
Fabio Strinati (San Severino Marche, 1983) ha pubblicato le raccolte di poesie: Pensieri nello scrigno. Nelle spighe di grano è il ritmo (Il Foglio Letterario 2014) e Un’allodola ai bordi del pozzo (Il Foglio Letterario  2015). I suoi testi sono presenti in diverse riviste ed antologie letterarie.

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