“Epica dello spreco è il libro d’esordio di Laura Di Corcia. Un libro già compiuto sul piano formale, dove l’intensità, la compressione della parola poetica emergono verso dopo verso, offrendo al lettore una serie di immagini nitide e forti. L’autrice si muove in varie direzioni, registra spezzoni di un percorso che evidenzia l’ansia di comprendere, di svelare, anche se in modo parziale, brandelli di verità in una realtà che appare sempre più caleidoscopica. […] L’amara consapevolezza della precarietà della nostra esistenza è uno dei temi dominanti di questa raccolta […]. È l’angoscia che attanaglia la gola quando si scopre «il pugno del mare», le ingannevoli insidie che vi si nascondono. […] A un’esistenza travagliata da tempeste, in balia delle onde del destino che tutti noi travolge, al viaggio di Ulisse in una dimensione del reale troppo vasta e caotica, l’autrice preferisce lo stagno, dove le acque sono apparentemente calme, immobili. […] È la ricerca di uno spazio di silenzio, lontano dalla roboante, cacofonica realtà, quel silenzio di cui il poeta ha bisogno per restituire fecondità e valore alla parola, per affermare la propria individualità. E questa ricerca coinvolge anche l’amore, sentimento principe dell’esistenza umana, la privazione del quale è negazione della vita stessa. L’Eros è potere e forza che appartengono all’eterno femminino […]. E al tema dell’amore si lega anche quello dello spreco: «Nell’ansia di abbracciare tutti mi sono dimenticata / del mio basamento, delle radici che insufflano / zolfo nel nerissimo della terra». […] L’ansia di ricerca emerge da ogni verso, dove si susseguono metafore che hanno spesso verticalità e potenza visionarie; versi nei quali […] è già evidente l’accurato lavoro sulla lingua, la consapevolezza di cosa significhi, oggi, seguire con onestà e coerenza il proprio complesso itinerario lirico, nel significato più ampio e attuale del termine.” (Dalla prefazione di Laura Garavaglia)

“Un esordio frontale questo di Laura Di Corcia, evidente sin dal titolo che unisce l’eroismo all’inutilità, il canto alla coazione, in una ricerca decisamente gnoseologica in cui i testi si dipanano come un’indagine filosofica, affollata di interrogativi, di metafore che anelerebbero a diventar simbolo, ma continuano ad arrovellarsi nei limiti del logos classificatorio. […] In questa tensione tra epos e superfluo, tra desiderio di certezza e fluire caotico del reale che si gioca la dialettica del libro, ma soprattutto, sembra dire l’autrice, le singole, fenomeniche vite. […] Il lavoro di questa poesia non è un lavoro sulla parola, ma con la parola, che rileva per quanto di euristico, di comprensibile riesce a ‘formare’, o, se si vuole, a svelare. […]” (Dal commento di Viola Amarelli)

da Epica dello spreco (Dot.com Press, 2015)

1.
Non possiamo permetterci
i ritorni: la teleologia ce lo vieta.
Viviamo appesi a un dramma,
un’idea fissa ci perseguita:
a stento ci liberiamo
degli incubi di vetro.
Uno degli errori più grandi
è perdere la logica,
diventare bolle di sapone.
Ma io ti dico: in questo c’è verità.
Ho conosciuto poeti
che cantavano di stelle
e nella vita erano troie gemelle.
È nell’infinito delle viole
che arriva, puntuale
la pugnalata del cielo.

7.
Sul ponte si cammina bendati,
ma
i girini non ti saltano in braccio
per nulla, c’è un motivo se si allarmano
come cani nella notte,
se a distanza di tempo li ricordi
lucidi, tazzine di caffè
cesellate dal detersivo.
Io so dirti questo,
che ho camminato poco, subito mi sono seduta:
che nei piatti esiste ancora redenzione.
Ma allora spiegami perché
mi si sbriciolano le mani, dimmi che ne è
del verde dei cancelli, e dove finisce
l’imprecazione, in quanto spazio
si ribalta in preghiera:
se si tuffa,
se galleggia,
se albeggia
o il trapasso è immediato.
Ho gridato contro la collina
poi ho smesso,
non so davvero quanto
ci abbia messo,
ma
asciutto ora è il mio cuore.
La morte è una puntura
di un attimo, di un quasi nulla:
può capitare persino al bosco
di cadere in ginocchio.

17.
Ed anche il nulla provoca dolore,
persino il vuoto batte con la bacchetta affusolata
sul tremore di certe punte, ne affila i vertici.
Il fatto è che siamo stati gettati in una pianura di regole,
e che il c’era una volta è un sogno confuso,
il ritrovarsi per caso tra la coperta e la corsa,
una caduta dalla bicicletta come moviola di quel primo flash
(coazione a ripetere che ritorna in certe conversazioni che cadono a picco)
(come quando per esempio mi hai detto – senontichiamounmotivocisarà:
ma quale, quale motivo, se ora di spalle mi è tutto il mondo, se a me sembra
che la faglia fra cielo e terra si sia spalancata a forma di terrore):
ma al di là di quella lama nelle pupille
intendo l’angoscia, intendo la nausea del nulla.
Il peccato originale è non portare a termine
rimanere nel centro delle cose
lasciare interrotto lo sgretolamento delle vetrine.

29.
Non so se dopo tutta questa pioggia
ce la farò a tollerare il sole:
pure le gambe hanno un peso
e non c’entra niente con la primavera.
La felicità è quella cosa che rimbalza in faccia,
la tristezza invece è fissa nei contorni.
Non parla, soprattutto non si muove,
e se lo fa, lo fa per comando
pavloviano, risente di una spinta
invisibile, riflessa in trasparenza:
per questo tende sempre a precipitare
risucchiata da se stessa
dal suo centripeto no!
al sangue e ai suoi vermi.

33.
Dicevi la morte non esiste
dicevi, ragazzo di salive e ombre.
Io non ci credevo, sviavo il discorso
ma nei tuoi occhi di cenere trita
ricordavo una mano infantile,
il cappotto un poco triste di mio nonno.
Dicevi non esiste la morte
e io pensavo alle faccende in sospeso,
alle questioni ritorte.
L’ho capito giorni dopo, trasalendo:
anche a un passo dalla fine
crederemo nella retta,
nei puntini di sospensione.
Sbiadiremo in un sogno di colline e fosfeni.
Ci risveglieremo nell’umido
di grosse gambe flaccide.
Le pipe non proferiranno più parola.

Laura Di Corcia lavora come giornalista per diverse testate ticinesi e italiane. Scrive recensioni critiche di spettacoli teatrali per il “Corriere del Ticino” e si occupa di tematiche d’attualità politiche e sociologiche. Scrive poesie da più di dieci anni: suoi testi sono apparsi in diversi blog letterari. Epica dello spreco (Dot.com Press, 2015) è la sua prima pubblicazione cartacea. È stata invitata come poetessa a numerosi festival letterari (Topolò, Poestate, Parolario, Europa in versi). Per la casa editrice “La Vita Felice” nel 2014 ha curato la biografia di Giancarlo Majorino, dal titolo Vita quasi vera di Giancarlo Majorino, frutto di un lungo confronto con il poeta milanese.

 

(Visited 342 times, 1 visits today)