Disturbi del desiderio è in effetti ben più di una semplice plaquette, ben più di un lavoro di avvicinamento all’insieme di un’opera completa, risultando con immediatezza i tratti di una fisionomia netta ed energica e le fasi di un disegno molto controllato. Mary Barbara Tolusso ci coinvolge, passo su passo, nel suo vitale turbamento, che si insinua nella luce e nella sporcizia del giorno, negli interstizi dei suoi minimali accadimenti. Una quotidianità del corpo che dialoga a intermittenza con l’idea incombente del nulla, con il fantasma del non esserci più, della propria totale perdita, in cui non sarà neppure possibile trovare riscatto nell’abbandono del sonno. L’attenzione e la meditazione per immagini di questa poesia è attiva soprattutto negli aspetti, solo in apparenza scontati, della nostra inquieta, cupa o gioiosa animalità. Tolusso si muove su questi territori con voce robusta e scelte stilistiche libere ed efficaci nella loro varietà, nel loro rasentare in modo raboniano la prosa e nelle felici oscillazioni ritmiche di una musica interna estrosa pur nella sua sostanziale compostezza. (Dalla prefazione di Maurizio Cucchi)

 

Da Disturbi del desiderio (I Quaderni de La Collana Stampa, 2018)

La notte fila liscia tranne
quelle sere che si cede al ricordo
che si dovrà morire su un letto come questo.
Allora penso a quello che dicono gli stupidi
che se c’è la morte io non ci sono. Ma
dal nulla nasce la paura, quando non vedi
non senti non pensi. Nessuna religione aiuterà
il danno dei vivi, feroce o silenziosa
nessuno potrà sottrarsi alla rovina. Dico al mio corpo
animale di stare fermo, di non pensare. Nulla
è più terribile più vero di questo tempo del ritardo, non c’è
luce per gli indifferenti, tutto l’amore non dato,
il tempo sprecato, niente che possa
destarmi dal sogno, io
dove sono,
dovrei alzarmi andare a bere in compagnia, cercarti e dire:
Tu per me sei pelle, una morte anticipata,
insepolta, coagulata fino all’erezione.

*

Non che me ne importi molto, ma alle
dieci di sera, alle tre, alle quattro del pomeriggio
arrivava sempre gente un po’ speciale.
Nell’ufficio, intonacato di nuovo,
con la voce di grondaia li sentivo
fare conti, li sentivo singhiozzare
la cena, così, di colpo, nessuno
se lo aspettava, oppure la versione malattia, quante
cose difficili da nominare, alla fine,
si capisce, è stato meglio, non c’era terapia.
Ma io dico che da qui, da questo preciso spazio
non ce n’è uno che parli davvero, che queste
cose succedono agli altri, negli intervalli
più soffocati, quasi invisibili, il cuoco,
l’impiegato, il suicida, il povero diavolo
con due figli da crescere. Ce n’è una schiera
tutti i giorni di gente che non sa con chi stare,
da che parte ci tirano le ombre, se bisogna vivere
con i vivi o con i morti.

*

Dovrò trovare qualcuno
da prendere al collo, spogliarlo per spogliare
il tuo corpo, soffice casetta di insetti, artropodi
della classe Insecta, beati enzimi che ti toccano
di lenti tic tac alla deriva
mentre bussano alla porta ho voglia di latte,
l’oscena fame che mi prende
e mi doma. Tutti a ripetere la solita
solfa, che siamo strani, che siamo verticali,
ma datemi del latte piuttosto! Ho un nuovo amore
per te molto sincero, tu non toccarmi, ti tocco
io, altrimenti arriva il sicario.

*

Mi guarda come fossi cretina la gente
sana in cerca di appartamenti, la giovane senilità
che ti chiede: tu a che razza appartieni? Miei curiosi sparsi
inospitali amanti, non c’è un verso
che cada come una malattia,
immaturi orfani di incesti per bene
e gli occhi: due piatti di genziane,
la morte si muove dentro i tuoi pantaloni. Tu ci stai,
io ci sto. Seguono una serie di tradimenti.
Adolescenza addio. Non cercarmi.

 

 

Mary Barbara Tolusso è nata a Pordenone e vive tra Trieste e Milano. Ha pubblicato alcune raccolte di poesia e i romanzi L’Imbalsamatrice (Gaffi, 2010) e L’esercizio del distacco (Bollati Boringhieri, 2018). È presente nell’antologia Velocità della visione. Poeti dopo il Duemila (Fondazione Mondadori, 2017). Ha tradotto Giacomino da Verona per il volume Visioni dell’aldilà prima di Dante (Mondadori, 2017). Ha vinto il Premio Pasolini (2014) e il Premio Fogazzaro (2012).

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