Devo seguire il mio cuore | Intervista a Hilà Lahav

da Annuario 2015

Sono come un’astronauta

Ho cominciato a scrivere le mie prime poesie quando avevo sei anni (ho imparato a leggere e scrivere all’età di tre anni). Ricordo ancora la prima poesia che ho scritto, era una poesia molto tenera sul viaggio d’un raggio di luce, molto piccino e debole, tra le sbarre della serranda e la sua battaglia senza speranza per rimanere solo e distinto dall’alba…

Ho sempre avuto una passione per la precisione, il desiderio di riuscire a fare il miracolo di essere chiara nel dire quello che è sempre impossibile esprimere a parole. Ho avuto un’infanzia strana, spesso violenta, e ho sempre avuto l’impressione che c’era altrove una lingua segreta, misteriosa, capace di connettere la realtà interiore al tutto, al resto del mondo. Sono come un’astronauta, alla ricerca del bottone che può riportarci a casa. Lo cerco ancora.

Disarmare la lingua

La lingua ebraica è indubbiamente il socio invisibile di tutte le poesie che ho scritto. La Bibbia è sempre presente, visibile o nascosta nelle mie poesie. La lingua con la sua storia sostiene anche sensi, racconti e numeri… ma credo che alla fine noi siamo tutti uguali: soli, terrorizzati… Catullo e Leah Goldberg, Anne Sexton e Petrarca sono tutti i miei genitori poetici. Se potessi scrivere versi come «Ben veggio io di lontano il dolce lume / ove per aspre vie mi sproni et giri, / ma non ò come tu da volar piume» (da Francesco Petrarca, Canzoniere, CLXIII, NdR) lo farei volentieri in ogni lingua. Ma c’è anche un altro aspetto. In Israele c’è una situazione politica dura. L’occupazione della Palestina causa sofferenze sorprendenti, inimmaginabili a civili innocenti nei territori palestinesi e in Israele. La lingua è un strumento di controllo, le prime parole ebraiche che imparano i bambini palestinesi sono: “barriere” e “ferma!”. Dobbiamo disarmarla, usarla per opporci al razzismo, al fascismo, alla violenza di ogni sorta. Per questo, la Bibbia e la sua bellezza non contano niente.

Non vedo altra scelta che scrivere quello che devo capire, quello che devo spiegare. La mia poesia traduce anche la violenza in parole e le parole lavorano per operare un ripensamento.

Fino al mattino

Il mio ultimo libro (Fino al Mattino) è un poema sulla storia del delitto di Gabàa (Giudici 19-21), che è una storia molto saggia e cruda: in breve, un uomo ha avuto una concubina, probabilmente più giovane, che è fuggita da lui alla volta della casa del padre (potete immaginare perché). Visto che le donne a quell’epoca erano una proprietà privata, lui va a riprenderla. Sulla via del ritorno a casa trovano un anfitrione e pernottano a Gabàa. Com’è avvenuto con Lot a Sodoma, gli abitanti della città bussano alla porta di quella casa per prendere l’ospite e abusare di lui. Ma diversamente da Lot, l’anfitrione dice: «Ecco mia figlia, che è vergine, e la sua concubina: io ve le condurrò fuori, violentatele e fate di loro quello che vi pare, ma non commettete contro un uomo una simile infamia». Alla fine l’uomo butta fuori casa la concubina ed essi «la presero e la violentarono tutta la notte fino al mattino, la lasciarono andare allo spuntar dell’alba» (si presti attenzione alla ripetizione fino al mattino, spuntar dell’alba). Al mattino l’uomo si prepara a tornare a casa e trova la donna svenuta all’ingresso. Le dice: «Alzati, dobbiamo partire!», ma la donna non risponde, allora la carica sull’asino e parte. Arrivato a casa «si munì di un coltello, afferrò la sua concubina e la tagliò, membro per membro, in dodici pezzi; poi li spedì per tutto il territorio d’Israele». Questa storia mi infesta da molto tempo. Con la sua critica, la sua crudeltà, la sua interpretazione: la Bibbia è un libro avaro, ma qui l’autore ha dovuto evidenziare: «tutta la notte, fino al mattino… allo spuntar dell’alba», non è neutrale. Questa storia ricorda, echeggia, due altre storie: quella di Lot a Sodoma (ma qui non esiste la pietà) e quella del Sacrificio di Isacco (la parola che significa coltello appare solo in queste due storie in tutta la Bibbia). Ma per la donna non esistono gli angeli, nessuno che dica «Non stendere la mano», nessun dio, nessuna sorveglianza celeste. Alla fine, è solo una donna.

La poesia non è naturalmente una poesia biblica, è una testimonianza molto personale e coraggiosa, un viaggio in quella notte orribile, che per me ha significato un viaggio nell’incubo che è durato davvero tante notti. È la mia storia privata, ma è anche una storia comune, biblica, che era stata messa a tacere. Non è un lamento, ma un racconto dell’orrore in tempo reale. Nel libro c’è un coro delle membra, sono dodici (il cuore, lo stomaco, la pelle, l’occhio, il piede, il collo, l’orecchio, il ginocchio, la spalla, la mano, il naso e la bocca). Le membra parlano e danno la loro versione. Una delle più grandi tragedie della violenza carnale è la cooperazione del corpo. Mentre scrivevo questa poesia ho scavato dentro le mie ferite aperte. Non ho voluto scrivere di una lontana conseguenza, un lamento melanconico, ma la violenza stessa: una storia che prima si poteva leggere solo raccontata dal punto di vista dell’uomo che ha compiuto la violenza.

Sai che quasi tutto l’ethos della poesia israeliana è costruito intorno al mito del Sacrificio di Isacco, con le sue storie corrispondenti. Ma non c’è nessuna parola su questa storia. Perché?

Fortunatamente, la critica è stata molto positiva. Un critico ha definito il poema un capolavoro e tutti gli altri critici l’hanno apprezzato, tranne un critico giovane, un tipico maschilista, che l’ha definita uno «scandalo sessuale»…

Una comunità poetica molto vivace

In Israele c’è una comunità poetica molto vivace. Ogni anno vengono pubblicati molti libri di poesia. Il pubblico è limitato, naturalmente, ma ci sono le presentazioni dei libri nuovi, spoken word, spettacoli e altro. Ci sono tante occasioni di lettura pubblica e alcuni festival. Recentemente è stato richiesto con forza agli istituti letterari che organizzano eventi o festival che i poeti venissero pagati per la loro partecipazione, così come i musicisti o gli attori. Molti poeti israeliani sono anche attivisti sociali e politici. Facebook è un mezzo importante per loro. A volte disperiamo, come accade, penso, in tutto il mondo. Ma la poesia è ingegnosa: cambia la sua forma e sopravvive.

Per il bene di tutti i bambini

Israele ha avuto, per lungo tempo, governi cinici, irresponsabili, opportunistici, che hanno dato per scontato il reato chiamato occupazione. Le giovani generazioni in entrambi i Paesi crescono nel disprezzo reciproco in conseguenza della sofferenza e della propaganda odiosa. Non si conoscono l’uno con l’altro. I media danno un’informazione falsa. lo ho amici musicisti palestinesi e ho partecipato, per esempio durante l’ultima guerra, a tante dimostrazioni, dove siamo stati perseguitati molto brutalmente sia dai militari che dai bulli di destra, ma sui notiziari hanno riportato che eravamo stati noi ad aggredire. Tanti dimostranti sono stati attaccati e tanti incarcerati. Quando un bambino palestinese viene colpito i media riportano «un terrorista palestinese di tre anni ha affrontato un soldato ed è stato ucciso». Spero che un giorno i due Paesi, grazie a presidenti saggi, possano cooperare per il bene di tutti i bambini – i loro, i nostri – per far cessare l’occupazione e la violenza.

 

Il ruolo degli artisti

Noa non è un esempio unico – tanti artisti stanno vivendo esperienze simili. Gli artisti spesso hanno una sensibilità – e hanno anche la forza di parlare forte e essere ascoltati – quindi dobbiamo opporci all’ingiustizia (Recentemente la nota cantante Noa è stata minacciata per le sue dichiarazioni pubbliche, NdR).

La musica

Suppongo che esista una musica nelle mie poesie, ma ancora non ho avuto il coraggio di mescolare le due cose. Suono musica antica con flauti storici e musica araba e turca col ney, e trovo la poesia nelle due musiche. Negli ilahiler – gli antichi canti religiosi – trovo quell’intenzione profonda che cerco anche nella poesia, la devozione che spezza il cuore, che genera un cambio di mentalità.

Traduzione di Biagio Guerrera e di Hilà Lahav da Sola

ירשא

תוּדי ִד ְבַּל ןֹושָׁל םי ִא ְרֹוקּ ַה י ֵר ְשׁ ַא :תאֹז ָבּ םַגּ י ִתָנָוַּכּ ל ַע וּד ְמ ַעַיּ ֶשׁ ם ֵה

.תֹופ ָדּ ְרִנ םי ִלּ ִמ תֹור ְשׂ ֶע ט ֶק ֶשַּׁל ךְ ֵא ְצ ָמּ ִה ֹושׁוּר ֵפּ ה ֶזּ ַה ס ַה ַה ןֵכּ-ל ַע

. ְתּ ְכַל ָה :ֹותאָ ָרֹוה ר ֵחאַ ט ֶק ֶשׁ ְו

.ר ֶשֹׁא הּ ָשׁוּר ֵפּ ֶשׁ ת ַחאַ הָלּ ִמ ןי ֵא

:י ִת ָפ ְשׂ ִבּ םֵגּ ְר ָתּ ִמ ”יִנְנ ִה“ לָכּ

.י ִכ ְל ֵתּ לאַ

Beati

Beati coloro che chiamano Lingua la solitudine
perché essi avranno compreso:
il silenzio ha sinonimi svariati;
questa calma significa: sei qui,
ma quella quiete: sei via.
Non c’è nessuna parola per felicità.
eccomi si traduce
come: rimani

י ִחוּר ל ַע הֶלֹוע ָה לָכ ְכּ תֹושֲׂעַל יַל ָע םי ִפּ ְסִנּ ַה לָכ ְל םֹוק ָמ י ִמ ְח ַר ְבּ שֵׁי

.י ַחאַ םָני ֵא ֶשׁ יִנ ֵרי ִה ְזַיּ ֶשׁ ה ֶז ְל הָל ֵע ְר ַתּ י ַד ָשׁ ְבּ שׁ

ףֹוע ָמּ ִמ ש ֶמ ֶשּׁ ַה בי ִב ְס

י ִחׁכ ְבּ שֵׁי :הָגּ ְס ִפּ ַה ת ַפ ְשׂ ֹוז לֶג ֶר ְל לֶג ֶר ִמ תֶל ֶק ֹוזּ ַה ה ָפי ִשְׁנּ ַה . ַעֹובּ ְט ִל

י ִדּ ְגֶנ ְכּ די ִע ָתּ אי ִה

Testimonianza

Devo seguire il mio cuore.
Il mio grembo è ampio abbastanza da avvolgere
tutti gli stranieri uccisi.
Il mio petto contiene un veleno per chiunque mi
avvisi di questo volo
intorno al sole
mi metto in equilibrio sui piedi. Ecco il picco:
potrei annegare. Quest’ultimo respiro
testimonierà per me.

וטועימב ערה

 

ה ֶטֹונ ֹוטוּע ִמ ְבּ ע ַר ָה תֹוא ָט ְמ ִסּ ַבּ ןוּלָל ר ַמֹול ְכּ ,שׁוּמ ָח

דֹא ְמ ק ֵדֹוצ ןֹור ֲחאַ דֶלֶי תוּמָי ר ָח ָמ

םִיַני ֵע-עוּר ְק

לא ֵע ָמ ְשִׁי ךָיֶנּ ַע ְמ ת ֶא ק ַר ,ךָ ְלֹוק ְבּ לאַ

רי ִשָׁל ה ָח ָר ְכ ֻמּ ַה י ִדָי ְבּ ן ֵתּ י ִדָי ְבּ ק ַדּ ַה לֹוקּ ַה ת ֶא ן ֵתּ

ויָלָיּ ַח ְבּ ם ֵקָנּ ִה ְל

ה ָחָגּ ְשׁ ַה ַה סי ִר ָס – ֹוטוּע ִמ ְבּ ע ַר ָה ת ֶא אָלּ ֶא ר ָשׁ וּנֶּני ֵא

.ֹומ ְצ ַע-יֵנֹונ ְמ ִה

יֵיוּר ְכּ ,ךָוּע ְמ ְשִׁי ל ֵקָנ ְבּ םי ִכ ְלֹוה ַה ה ָמּ ֵה םִיַנ ְזאָ

.םי ִמֵל ְשׁ תֹובֹוח ְר ִבּ

וּר ְמאֹי ֹולֹוק :וּבי ִשׁ ְק ַה

רוּר ֲח ַשּׁ ַה ל ֶשׁ קֹות ָמּ ַה

Il Male Minore

Il male minore
vive nelle strade.
È armato, dunque
giusto.
Un ultimo bambino domani deve morire,
i suoi occhi spalancati

Ora taci, Ismaele,
lascia che la mia mano che non smette di
cantare cerchi la tua vendetta,
perseguiterò i suoi soldati
con la tua voce tremante.

Il male minore – celeste eunuco
canta solo
i suoi inni.

Ma come ti sentono forte e chiaro
quelli che affollano
le strade senza bombe.

“Ascolta,”
dicono, “come cinguettano
dolcemente i merli.”

da Fino al mattino

.ר ַח ַשׁ ם ִע םי ִד ֱא ֶה ְו רי ִח ְשׁ ִה הּ ָרֹוע .הּ ָפוּגּ ל ַע ַעי ִק ָר הָי ָה

.ט ֶמ ֶק י ִל ְבּ םי ִלּ ֻח ְכּ ַה ָהי ֶר ָב ֵא ל ַע ח ַת ְמִנ הּ ָ

.ת ֶמֶלּ ִא רֹופּ ִצ ֹובוּ ןָנ ָע י ִל ְבּ ַעי ִק ָר הָי ָה הּ ָר

La sua pelle – un cielo sopra il suo corpo. Si è annerita, è diventata rossa con l’alba.
Sulle sue membra bluastre si stendeva senza una piega.
La sua pelle – un cielo dove nemmeno un uccellino muto canta.

חרי

םִיַני ֵע ת ַח ַקֹופּ יִנ ֲא ֶשׁ ם ַע ַפּ לָכ ְבּ ת ֵמ םָלֹוע ָה

י ִל וּמ ָדּ ֶשׁ םי ִר ָב ְדּ ַה םי ִרֹח ְשׁ

ַח ֵרָי אוּה ֶשׁ בֹשׁ ְחַי אלֹ י ִמ

Luna

Ovunque apra i miei occhi
il mondo muore
tutto quello che mi assomiglia diventa
nero
Non crederesti di essere la luna

בלה

.ה ָמי ֵא י ִבּ ןי ֵא .ןֹור ֲחאַ ְו ןֹושׁא ִר יִנ ֲא

.ם ָדּ ַה ל ַע ר ֶקֹבּ ַה ד ַע י ִתּ ְד ַק ָר ?י ַח ֲה :י ִל בי ִשׁ ְק ִה אלֹ שׁי ִא

?ת ֵמּ ֲה : ַחי ִגּ ְשׁ ִה אלֹ שׁי ִא

.ט ֵחֹושּׁ ַה ףַכ ְבּ ןֹור ֲחאַ דוּק ִר י ִתּ ְד ַק ָר

Il cuore

Sono il primo e l’ultimo. Non conosco paura. Danzo
sul sangue sino al tramonto.
Nessuno ha chiesto: è vivo?
Nessuno ha detto: oppure è morto?
Ho danzato una danza finale nelle mani del macellaio.

ףתכה :ר ַמאָ םֶכ ֶשּׁ ַה .הֵכּ ַה :ה ָר ְמאָ דָיּ ַה .ל ֵצּ ַה :וּר ְמאָ תֹוע ָבּ ְצ ֶ

:ר ַמאָ ראוָוּ ַצּ ַה .דֹוע אלֹ :ר ַמאָ בֵלּ ַה .לֹפּ :ר ַמאָ בַגּ ַה .א ָשׂ רֹצֲע

.דֹמֲעַל י ִתּ ְפ ַסֹוה ְו

.רֹוא ד ַע י ִתּ ְד ַמ ָע

La spalla

Le dita dicono: soccorso. La mano dice: picchia. Le scapole: porta.
Il dorso dice: cadi. Il cuore dice: basta. Il collo dice:
tieni.
E io stavo su. Resistevo
sino all’alba.

ףאה

ל ֶז ְר ַבּ ַחי ֵר ם ָדּ ַה ַחי ֵר ה ָב ֲהאַ ַחי ֵר ם ָדאָ ָה ַחי ֵר ְו

ל ֵמֹוח ם ָדּ ַה ְו ף ֵסּ ַשׁ ְמ ם ָדאָ ָה ְו

Il naso

L’odore del sangue è quello del ferro.
L’odore dell’uomo è quello dell’amore.
E gli uomini tagliano e il sangue mostra pietà.

Nota: Fino al mattino è un poema che fa riferimento all’episodio biblico del Libro dei Giudici 19-21. È composto da cinque sezioni maggiori e da un ciclo di cinque poesie intitolato “Dodici” – un coro greco composto dagli organi – le membra sezionate.

“25 Allora l’uomo afferrò la sua concubina e la portò fuori da loro. Essi la presero e la violentarono tutta la notte fino al mattino; la lasciarono andare allo spuntar dell’alba. 26 Quella donna sul far del mattino venne a cadere all’ingresso della casa dell’uomo presso il quale stava il suo padrone, e là restò finché fu giorno chiaro. 27 Il suo padrone si alzò alla mattina, aprì la porta della casa e uscì per continuare il suo viaggio, ed ecco che la don-na, la sua concubina, giaceva distesa all’ingresso della casa, con le mani sulla soglia. 28 Le disse: «Alzati, dobbiamo partire!». Ma non ebbe risposta. Allora il marito la caricò sull’asino e partì per tornare alla sua abitazione. 29 Come giunse a casa, si munì di un coltello, afferrò la sua concubina e la tagliò, membro per membro, in dodici pezzi; poi li spedì per tutto il territorio d’Israele.”
Giudici 19 25/29

Hilà Lahav, poetessa e musicista professionista, è nata nel 1985 a Zichron Yaacov, in Israele. Ha studiato Storia alla Hebrew University di Gerusalemme e flauto (prassi esecutive nella musica antica) alla Jerusalem Academy of Music and Dance. È membro di riconosciuti ensemble dove esegue musica antica, musica classica turca, araba e andalusa, su strumenti storici e al ney (il flauto turco/arabo). Dal 2005 ha iniziato a pubblicare le sue poesie sulla rivista letteraria Mita’am ed è stata premiata dalla Hebrew University per diverse sue raccolte poetiche. La sua prima opera Soul / Sola è stata pubblicata nel 2011 dai tipi di Hakibbutz Hameuchad publishers. Sempre con le medesime edizioni ha pubblicato la raccolta Until the Morning / Fino al mattino nel dicembre del 2014.

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