Nati negli anni Ottanta è un progetto a lungo termine che ha l’intento di riassumere e catalogare le esperienze poetiche individuali o collettive portate avanti da autori nati in Italia tra il 1980 e il 1989. Si tratta di poeti cresciuti letterariamente in ambiti e contesti diversi e dunque legati spesso a modi di intendere il discorso in versi del tutto differenti. Per segnalare i libri dei poeti nati negli Ottanta scrivete sul form di contatto.     

 

Daniele Orso è nato a Monfalcone (GO) nel 1982. Nel 2013 ha pubblicato L’estate in provincia (Sigismundus Editrice) – segnalazione come opera prima al premio G. Gozzano – con una nota in quarta di copertina di Gianni D’Elia. Una sua silloge – Muri portanti – è contenuta in Poesia Contemporanea. XIII Quaderno Italiano (Marcos y Marcos, 2017), curato da Franco Buffoni, con prefazione di Flavio Santi. Alcuni testi sono apparsi su Officina Poesia Nuovi Argomenti, Nazione Indiana, Le parole e le cose, Poetarumsilva. Nel 2018 è uscito La difesa dell’armata rossa (Oedipus, 2018).

 

 

Poesie tratte da L’estate in provincia.                                                                                  

 

                                                         (Sono anni bui o sono anni nuovi?)

Potrebbe essere un tempo infinito,
un fiorire immenso di rododendro e biancospino,
ma non è questo, e tu lo sai.
È il fiato trattenuto dal cecchino
e il suo rilascio
dopo il colpo ben riuscito.

*

Ronzano gli scooter a tarda notte.
Rimangono le lotte fatte.
Non ce le possono cancellare.

Cosa farà uno poi ad Altino?
Lavora fa cose qua come
altrove. È vero che dove lo
metti l’uomo si abitua, anche al
peggio, anche alla situazione più
abietta, anche alla noia del
vivere in provincia, nella
satrapia pigra dell’impero
decadente. Anche al niente.
Anche al solito sole che
benedice queste piante. Perché
lo fa? Forse per i morti. La
lunga fila dei trapassati, e i
recenti più dei lontani, degli
antenati. Ai lacci delle scarpe e
ai nodi che i fantasmi fanno nei
modi e nelle occasioni meno
opportune. Ai colpi delle streghe
diventate frattanto, nella città
grande, modelle e cocottes di
programmi floreali, di albali
cave, di porci senz’ali e consimili
mangia-ghiande. La libertà
costa denari. La libertà è non aver
regali. Restare in provincia fare gli operai.

Il paese non nasce e non muore.
Il paese schiuma dolore.

La poesia non deve stupire
la poesia non deve blandire
non deve piacere
la poesia serve per fare
la poesia è strumentale
non dice quanto brilla sul prato
il marzo dorato
il caldo di ottobre, il mistero
disperato del fuoco acceso sui prati
la poesia deve urlare che quel boia di Giuda è meglio
di Pilato.

 

 

 

Poesie tratte da Muri portanti (contenuto in XIII Quaderno Italiano di Poesia Contemporanea).

 

L’EDUCAZIONE CATTOLICA

Boh, non so. Non tiene, non tiene niente.
Questo sole, quest’aria, e non è questo sole, non è quest’aria.

Le piante, quante sono, non sono mai nate.
Il rosso ai fossi è questo rosso,

Non conosce altri rossi. Le mosche
Che s’alzano dai fossi in nugoli neri,

Sono nate oggi, false sono le mosche di ieri.
La luce è questo esser felici, queste

Campane e i suoni riflessi
Che sbattono contro ai gridi

Dei gelsi che nascondono bene
Bambini che tremano al fresco dei campi.

Ma non è che i preti mi fecero felice
Non è che i preti mi aiutarono a salire

Sui muri della chiesa a spiare le partite
Non fecero per me fionde e catapulte.

Non fui un solo giorno felice grazie ad altri.
Né io fui mai agente di grazia altrui.

 

 

***

 

 

IV – MURI PORTANTI

a U.D.P.

L’edera aderì rasente al muro.
L’anta dello scuro inaridì a febbraio
Dall’infisso staccatasi d’un tratto
Mentre distratte vagavano le ore.

L’erba crebbe in fretta. In fretta
Si seccò. Scomparvero le voci
Una sera che più lenta la luce
Riposò. Il tempo passò in fretta.

L’edera rimase verde su quel muro.
Il muro si crepò. La crepa
Su quel muro creò un nome

Al tempo. E il tempo fece il resto.
Nominò le cose, diede un nome
A quell’edera, a quell’anta e al muro.

*
Sessant’anni e son sessant’anni di morte
Sulle spalle. Più morte che vita
Addosso. Pensieri impastati alle
Figure di morte portate con orgoglio.

Queste case e questa più di altre
Queste stanze che risuonano di morte
Queste pietre già calpestate in altre
Messe passate, vite, vie, acque spante.

Una frattura, dentro, dentro la casa
Limite alle ombre, linea che percorre
I vetri, i muri, il legno, le ossa, la carne
Si screpola lentamente e crolla la casa

Crollano i muri, le tegole, la gronda che corre
Attorno si decompone, così come ai morti
Si decompone sulle ossa la carne.

*

Tu che godi delle spighe già mature
Ricorda che per farle così gialle
C’è fatica e sudore sulla schiena
E la linfa si è seccata al calore

Dell’estate e alle ore ferme sotto
Al sole nel tremore dell’aria che bolle.
Talvolta molto scarso è il grano.
Talvolta bruciato è il raccolto.

Non puoi dire quanto saranno
I tuoi sforzi compensati. Non questo
È il punto. Non c’è merito né danno.

C’è solo un atto da fare. Fallo.
Niente bravo o applauso finale.
Fieno per le bestie, nel fienile strame.

 

 

 

Poesie tratte da La difesa dell’Armata Rossa.

 

DELLA BELTÀ DEI CAMPI

Solo molto dopo le acque del Cornappo
Ma prima c’è la segale c’è il grano da curare
E se non fosse steppa se non fosse taiga
Sarebbe questa pioggia sarebbe questa neve

Che scende e non risparmia nemmeno più il paese
Popolato d’altri climi e se non fosse neve se non fosse guerra
Sarebbe polvere di terra alzata dal trattore uscito a riportare
La terra al suo padrone l’inerzia d’un mattino

Affrontato in pieno sole nel calore delle suole
Che calpestano le stoppie rimaste a rosolare risparmiate dall’estate
D’una muta sospensione. Giocano farfalle con le spighe
Nei campi attorno ad Auschwitz. Zirla una tortora sotto al tetto

Della baracca del campo. I campi polacchi risplendono sotto il sole.
Tutti son concordi: oggi ad Auschwitz è una magnifica giornata.
Oggi non si muore, oggi si fanno solo le prove.
Sbucano dalla crema bianca e densa della nebbia

Persone, figure quasi umane. Umane poi davvero?
No, umane no. Persone. Normali persone
Che normalmente uccidono altre persone.
Persone che umanamente cercano maniere

Più umane per uccidere altra gente.
In nove mesi partorirono un milione e mezzo di morti ammazzati.
Impiccati, bruciati, a qualcuno si spara alla fronte,
Ai più alla nuca. E poi ad alcuni, il lavoro nelle fabbriche:

Mercedes, Volkswagen, Audi da cui comperate le vostre
Auto rateizzate. I.G. Farben. I.G. Farben anche …
E le ossa e le ceneri siano utili alle strade
E ai campi coltivati.

(Visited 949 times, 1 visits today)