Dall’antologia Poeti neodialettali marchigiani a cura di Jacopo Curi e Fabio Maria Serpilli

Da Corde de’ tempo (Edizioni Dars 2013)

Uno due tre stella

Uno due tre stella:
quante le stele urlate
ti gioghi, quante perze,
quante che se faceva
smicià tuta l’estate
libere da le case
che strigneva l cèlo:
col canto de cigale
scendeva giù raconti
de gente ntiga e nova.
Le stele de l’infanzia
ene sempre tropo grose,
ce n’è certe che trema,
che vede tanti mali:
le racujevo in grote
de cumpasió: qual era
n posto più sciguro
del palmo de na mà?
Trasfurmate in luciole
per fase tené in pugno.

Uno due tre stella. Uno due tre stella: / quante le stelle urlate / nei giochi, quante perse, / quante si facevano / guardare tutta l’estate / libere dalle case / che stringono il cielo: / con il canto delle cicale / scendevano giù racconti / di genti antiche e nuove. // Le stelle dell’infanzia / sono sempre troppo grandi, / alcune tremano / per i troppi dolori: / le raccoglievo in grotte / di compassione: quale / posto più sicuro / del palmo di una mano? / Trasformate in lucciole / per farsi tenere in pugno.

Le bole de la schiuma

Ubligata ogni sera,
puntata te na segiula,
strufignava svujata
i piati te l’acquaio
de granija sbreciata.
Co la parnanza streta
a la vita smiciava
gèrbi i deti de fiola
cumpagni a saraghine
scumparì te la schiuma.
La scudela na barca
salvata da n naufragio
e n’altra volta fogata,
a la fine risorta
a rimesa tel porto.
Vulava dal catì
le bole de la schiuma,
spechiava la finestra
de cucina e muriva
de gnente, ogni sera.

Le bolle di schiuma. Obbligata ogni sera, / in piedi su una sedia, / strofinava svogliata / stoviglie nell’acquaio / di graniglia sbrecciata. // Con i fianchi abbracciati / dal grembiale, fissava / acerbe le sue dita / alici appena nate / in schiuma scomparire. // La scodella una barca / salvata da un naufragio / e poi ancora sommersa, / alla fine risorta / in rimessa nel porto. // Volava dal catino / una bolla di schiuma, / specchiando la finestra / di cucina e moriva / di niente, ogni sera.

Aquì se parla de angiuli

Pòle stà nte na mà:
tel sguardo suo velato
sapienza d’ogni cosa.
È n fiolo pena nato.

Ma adè l’angiulo passa
sopro l mènto co n déto:
j leva ogni memoria,
lasciando na fuséta.
De gnente lu se corge
e l mondo ndó è cascato
coj ochi d’omo arvede
ch’apare tuto nòvo.
Te la schina qûi bozi
ricordo de dó lale
vechie: ncora traluce
distanza da ndó riva.

Qui si parla di angeli. Può stare in una mano: / nei suoi occhi velati / sapienza di ogni cosa. / È un bambino appena nato. // Ma adesso l’angelo passa / con un dito sul mento: / gli toglie ogni memoria, / lasciando una fossetta. // Non s’accorge di nulla / e il mondo dove è caduto / se lo guarda con occhi d’uomo / e tutto appare nuovo. // Quei nodi sulla schiena / sono ricordo di due ali / antiche: ancora traspare / il lontano da dove arriva.

Anna Elisa De Gregorio è nata nel 1942 a Siena da genitori campani. Abita ad Ancona dal 1959 dove lavora presso una agenzia di marketing. Al 2010 risale il suo primo libro di poesie Le Rondini di Manet, edito per i tipi di Polistampa di Firenze, con prefazione di Alessandro Fo. Nel 2012 ha dato alle stampe il suo secondo libro Dopo tanto esilio per i tipi di Raffaelli Editore di Rimini, con prefazione di Davide Rondoni. Nel 2013 ha pubblicato, grazie al Dars di Udine, una plaquette di poesie dal titolo Corde de tempo in dialetto anconetano. Nel 2016 per l’editore La Vita Felice di Milano è uscito il volume Un punto di Biacca, con una nota di Francesco Scarabicchi. È presente in numerose antologie e pubblica articoli su riviste letterarie e blog («Poesia», «Caffè Michelangiolo», «Le Voci della Luna», «Clandestino», «Atelier», «L’Immaginazione», «Periferie», «La poesia e lo spirito», «Poesia 2.0», «Versante Ripido», «Fili di Aquilone»). Ha organizzato stages presso le scuole sulla poesia haiku. Nel 2013 esce la raccolta in dialetto anconetano Corde de tempo.

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