Telepatia è il titolo dell’ultima raccolta di Gian Mario Villalta (LietoColle-Pordenonelegge 2016), raccolta di fatti umani scandita in 19 poemetti autonomi per scelte stilistiche e stadio di elaborazione ma unificati da una serie di coordinate discorsive e tematiche che si coniugano all’interno dello spazio quotidiano della poesia. Telepatia o “percezione preindividuale di un sentire altro e partecipato”: «Prima persona plurale / modo incondizionato / tempo perfetto».
La poesia è qui insieme riflessione e osservazione, ma soprattutto condivisione: la riconciliazione della parola con il lettore ha sede nella parola stessa, luogo di incontro e dialogo che si pone oltre ogni confine. La semplicità solo apparente del verso, la sottile ironia, il ricorso al dialetto, si accordano al tono sicuro e posato di espressioni quali natura, verità, parola, monadi poetiche essenziali, particelle minime animate dalle umanissime questioni espresse da un verso limpido, dal gusto quasi cinematografico. La condivisione, in queste pagine, riguarda la convivenza con il dolore, l’esaurirsi del tempo, dei luoghi e della cultura originari, la consistenza del ricordo e della visione, la difficoltà nel dire io, l’incanto per una figlia, per la sua felicità, il silenzio dei maestri di ieri, l’essere oggi  «ancora ostaggi / di qualche significato, ancora icone che un clic / apre all’inganno / di crederci veri e, nell’istante, / eterni».
Un movimento, quello della poesia di Villalta, mai lineare o esemplare ma segnato da incursioni e riconoscimenti, dallo spazio familiare di ceramiche e fotografie, «tuttiinsiemeacasa», dai prati e dalle vecchie viti del friulano. Un secondo viaggio che muove dalle radici dell’io al versante rinnegato della maturità, nella consapevolezza del fatto che «Forse l’oscuro di ciò che chiamiamo / essere è appartenere / agli altri, a molto altro (altri luoghi, date, vuoti / di noi stessi) e non sapere dove / stiamo ancora insieme, dove siamo altri, o gli stessi».

dalla sezione L’invenzione di un passato

Perdere il dolore
a volte è perdere tutto. Per questo non rinuncia
all’umiliazione di sentirsi dire che non lo vuole.
Adesso sa ancora chi è. Dopo c’è solamente,
dove dovrebbe
ricominciare, il niente.

 

dalla sezione Ingiunzioni e dilatazioni

E all’improvviso siamo nel silenzio,
e il buio appena rotto sùbito si ricompone
sulla crepa di luce che ha attraversato la notte.
A volte anche la memoria è così. Adesso grosse gocce,
lente, gocce grevi sulle tende da sole
sulle auto e sulle gronde sono tracce più brevi,
si confondono con le voci
dei vicini che richiamano al riparo,
esortano a chiudere, a portare dentro.
Sono nel centro che fugge
dentro il cerchio del tempo.
Sono fermo, immaginato l’istante
che si schiude prima
della pioggia rosciante, prima del vento
che scuote le imposte, e della grandine.
Lo so che nascere fa male. Lo so che respirare
appena nati è tremendo. E appare naturale.
Come l’amore quando arriva e chiedi
un giorno ancora un giorno un giorno ancora.

dalla sezione La figlia che dice che è felice

Non la sopporto a volte, tutta questa fiducia.
Non ricordo di essere stato
mai così sprovveduto
nell’affidarmi a qualcuno
o crederci così tanto.
Così tanto che io provo vergogna
per il tuo spudorato amore.
Io sono uno che sposta la testa
se gli fai una carezza. Ho mille ragioni
per spiegarlo, ma nessuna che valga un millesimo
della tua delusione, perciò chiedo subito scusa
e offro il collo.
Resto quello che sono, nonostante la commozione
e lo spavento. Eppure (me ne vergogno,
a volte, sì, anche di questo) non sono preoccupato,
non penso al tuo futuro.
Sto con te, più che posso, sto bene,
se pure resto quello di sempre: mi fai più fondo il tempo,
più presente il presente.

Gian Mario Villalta è nato in provincia di Pordenone. Insegna in un liceo ed è direttore artistico del festival pordenonelegge. Ha scritto sulla poesia e sui poeti. In particolare, ha curato due volumi delle opere di Andrea Zanzotto per Mondadori. Tra i suoi precedenti libri di poesia: Vode de Vose / Voce di voci (Campanotto 1995, in dialetto); Vedere al buio (Luca Sossella 2007); Vanità della mente (Mondadori 2011) e Telepatia (LietoColle 2016).

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